Takashi Kinchou vs. Akira Uchiha vs. Ryuuzaki Hatake, Finale d'esame

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Shadow alkemist
view post Posted on 18/10/2008, 14:55




La Finale



CITAZIONE

Takashi Kinchou vs. Akira Uchiha vs. Ryuuzaki Hatake




Il primo a postare sarà Takashi,il secondo Akira ed infine Ryuuzaki. Good luck
 
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Akira_Uchiha
view post Posted on 26/10/2008, 21:27





..:: ۞ Faith ۞ ::..



~ Narrato
Pensato
Parlato
† Pensato Yukiko
• Parlato Yukiko
» Parlato Altri



~ ..:: ۞ ::.. ~



۞ Kurosawa.

~ Un dolce risveglio. Di quelli che ti fanno venire voglia di rimanere a crogiolarti nelle coperte di bianca lana del tuo letto, di quelli che ti fanno perdere ogni voglia di svegliarti e di fare cose che prima di andare a dormire reputavi entusiasmanti e per le quali asserivi di non poter aspettare. Ebbene, quel giorno è giunto, ma tu non vorresti tirarti mai giù da quel dannatissimo materasso così soffice e protettivo.
Un tormentato raggio di luce penetra attraverso l’atmosfera, più fortunato dei fotoni suoi compagni, per giungere a baciare il viso di quel ragazzo dai capelli blu che cercava di allontanare l’ipotesi remota di un risveglio. Il raggio puntò dritto sui suoi occhi dal taglio orientale e affilato, tartassandoli di luce nonostante fossero ben chiusi. Il ragazzo si rivoltò ancora nelle coperte, voltandosi dall’altro lato per non essere tormentato dal risveglio offertogli con cortesia dalla natura.
Non l’aveva mai amata quella stupida natura che in ogni istante lo circondava e gli si presentava sotto le forme esteticamente più soavi e attraenti. Amava i paesaggi cupi e questo era risaputo, e quel raggio di luce era già di per sé una notizia lungi dall’essere positiva. Era sinonimo di bella giornata, e dunque equivalente di fastidioso sole che batte sulla testa degli abitanti di quello sperduto villaggio nel mezzo del nulla dove i partecipanti all’esame chuunin erano stati spediti.
Akira strinse forte il lembo della sua coperta, per poi portarselo dinanzi al viso, a coprire l’intero capo. Avrebbe voluto godere di quegli istanti di tepore e spensieratezza, forse perché essi son l’immagine della fatal quiete alla quale egli tanto anelava, vista come consolazione e distaccamento da ogni preoccupazione della sua vita terrena.
Il cinguettio degli usignoli prese a farsi più armonico, e in maniera direttamente proporzionale aumentava dunque il fastidio che tale canto sinfonico arrecava alle orecchie dell’Uchiha.
Quel sonno era dolce, si era lasciato cullare dalle braccia di Orfeo senza opporre resistenza, il dio del sonno lo cingeva con le sue calde braccia, ma ad un tratto quella immagine venne distorta, per dissolversi totalmente. Una sensazione di inquietudine lo percorse, il suo cervello parve riacquisire le sue funzioni mentre il suo braccio affievoliva la presa sulla coperta. Una immagine sfocata balenò nella sua mente: rosso, il rosso del sangue, il truculento colare di un liquido dal color quasi amaranto, che ricopriva con violenza quasi perversa uno sfondo di immacolato nero.
L’immagine acquistò nitidezza, quasi come un lampo quella tela nera divenne completamente insanguinata, rossa come il fuoco. Solo una forma a lui sconosciuta rimase nel neutro del non colore. Una sorta di unione tra le tre tomoe di uno sharingan. Un altro lampo. L’inquadratura che si allontana gradualmente, impietosa, da quella tremenda visione ad una ben peggiore; un uomo, dai capelli di un blu familiare, dal viso truce ma ottenebrato dall’oscurità, immerso in un mantello color pece.
Un gemito. Un piangere di un bimbo.
La scena scosse la mente dell’Uchiha, la funestò con la sua shockante intensità e coadiuvata da una percezione son0ora devastante, gli fece spalancare gli occhi, mentre la bocca si apriva allibita.
Cosa diamine era quella visione? E quel gemito, non era forse troppo familiare?
Akira rimase impietrito, sbigottito, fulminato, quasi terrorizzato: tremò, ma non era complice di quella situazione il distacco dalla coperta.

Ryu…

~ Quel vagito era di suo figlio, o almeno così aveva ipotizzato nel mezzo di quella trance. Era stato un sogno anche quel suono? Il dolce riposare venne tranciato in due da quella inquietante visione, l’Uchiha si ritrovò a domandarsi che cosa avesse prodotto il suo cervello, senza sapersi dare una spiegazione: una sensazione derivata dall’appercezione trascendentale, che covava all’interno del suo ego, indomita. Le certezze vennero meno, come la sua attrazione per il sonno.
Un altro rumore, ben più acuto e reale, provenne dalla porta. Qualcuno stava bussando, leggermente, con delicatezza. Quello non era un sogno, ne era certo.
Tornò alla realtà, non con l’accidia tipica di chi vorrebbe non farlo mai, bensì reputando tale cambiamento di stato interiore un propizio avvenimento, considerata la terrificante scena che il mondo dei sogni gli aveva riservato.
Con la solita flemma si alzò dal letto, provocando un rumore frusciante a causa dello sfregamento delle coperte col suo caldo corpo. Non si curò della porta, il bussare non era reiterato e senza dubbio era femminile, l’Uchiha era già consapevole dell’identità dell’avventore. Aveva solo dei lunghi pantaloni di tuta, blu, e gironzolava per la sua camera da letto a torso nudo, in cerca di qualcosa di decente da mettersi per coprirsi. Fu proprio quella ricerca a fargli sovvenire cosa quel giorno significasse e perché si trovasse lì: era il giorno della finale degli esami chuunin, alla quale Akira avrebbe partecipato assieme ad altri due genin aspiranti al rango superiore. Il tessuto rosso spento che copriva il pavimento rendeva i suoi passi felpati: la camera da letto era composta dal letto, abbastanza largo e confortevole, bianco con struttura in legno scuro, e da un possente armadio che si ergeva sovrano all’interno della piccola camera, anch’essa dal colorito opaco e decisamente scuro per essere stato realizzato in legno.
Con calma, l’Uchiha aprì un’anta dell’armadio e poi l’altra, provocando un cigolio penetrante che disturbò la quiete nella quale si era immerso per cercare di dimenticare il tragico risveglio. Con gli occhi ancora deturpati dal sonno interrotto bruscamente, cercò di scrutare all’interno delle ombre dell’armadio per rintracciare un vestito comodo e funzionale all’occasione.
Scelse un kimono di colore nero cupo, che indossò a fatica: questo gli lasciava il petto leggermente scoperto, lasciando intravedere la incredibile definizione dei suoi pettorali. L’Uchiha poi si rese conto di avere l’occasione di risparmiarsi ulteriori perdite di tempo, ed estrasse con accuratezza, dallo scaffale più alto dell’armadio, tutto i vestiario che avrebbe indossato in occasione del match odierno. Appoggiò tutto sul suo braccio destro, il dolcevita nero, i pantaloni dello stesso colore, la giacca anbu bianca, i manicotti, le fasce da combattimento, i calzari neri.
Finalmente ultimata la ricerca all’interno di quell’antro oscuro, ne richiuse i portali e si allontanò, uscendo dalla disordinata camera da letto e chiudendosene la porta alle spalle. Passò lentamente dal bagno, dove poggiò con delicatezza i suoi vestiti per il combattimento, sul piano di marmo bianco adiacente al lavandino. Una volta depositato in quel punto il suo vestiario, si appropinquò ad adempiere alla funzione che aveva fatto in modo che si alzasse dal letto. Era riuscito a distogliere la sua attenzione dal nefasto presagio che lo aveva accompagnato al risveglio, traumatizzandolo. Con calma si avvicinò alla lignea porta, e senza assicurarsi dell’identità di coloro che bussavano, la aprì lentamente.
Al di là della soglia vi erano Yukiko e Ryu. La ragazza teneva in braccio il figlio dell’Uchiha, ondeggiando leggermente per non farlo inquietare. Lei regalò ad Akira un sorriso smagliante, dolcissimo, mentre un po’ di rossore colorò la sue morbide guance. Aveva i capelli neri come l’abisso, con delle sfumature tendenti al viola e un viso dai lineamenti solo accennati, teneri e al contempo molto dolci. Era vestita con un lungo vestito di colore grigio con dei particolari in viola. La ragazza non parlò, si limitò ad entrare, ben conscia della taciturnità dell’Uchiha.
I due si erano conosciuti diversi mesi addietro, quando lei era stata aggredita da degli uomini che avevano provato ad abusare di lei in un oscuro vicolo del Konohagakure. Akira, notando la scena, non ci pensò due volte e mise in fuga i malcapitati, salvandola da una tragica quanto avvilente fine.
Yukiko non aveva famiglia, era una ragazzina di 16 anni, abbandonata a sé stessa, che si guadagnava da vivere svolgendo funzioni contabili presso l’amministrazione di Konoha, lavorando a ritmi decisamente sovrumani e ricevendone in cambio una misera paga che a stento riusciva a farla sopravvivere. Dopo aver trovato la figura del suo salvatore in quell’eroe un po’ tenebroso, che dopo averla tratta in salvo non le rivolse parola e svanì nel nulla, trascorse alcuni giorni alla sua ricerca. Torvatolo, gli si offrì totalmente: gli disse che era stato lui a salvarla e lei, non reputando la propria vita valida di alcun apprezzamento, gli si sarebbe dimostrata grata regalandogli la sua esistenza, una sorta di schiavitù autoindotta. Akira chiaramente rifiutò categoricamente, sostenendo di non voler avere tra i piedi nessuno che lo distogliesse, ma la tenacia della ragazza obbligò l’Uchiha ad accoglierla, seppur freddamente, a casa sua. Yukiko così rivelò la sua utilità facendo da balia al piccolo Ryu, per il quale Akira, tra missioni e allenamenti continui, non aveva il benché minimo tempo. L’infante presto si affezionò alla figura di quella giovane ragazzina dai trascorsi travagliati, tanto che il genin di Konoha non potè più sbarazzarsene senza dover incorrere in reazioni deluse di suo figlio.
Tra i due non v’era mai stato nulla, Akira continuava a reputarla una perdita di tempo e la ignorava totalmente, così come faceva con il figlio, ostinato nel tentativo di raggiungere il suo obiettivo, che ormai era diventato la sua ossessione.
Lei però, era stata innamorata di lui sin dal primo momento, ma mai aveva osato esplcitare i suoi sentimenti verso l’uchiha a questi, temendo la sua reazione e sicura di non esser presa comunque in considerazione. Passare i tempo con lui però, averlo nella stessa casa, la aveva provata particolarmente, facendo accrescere quei sentimenti di giorno in giorno.
Chiuse la porta alle sue spalle e si mise a sedere su un divano in pelle marrone, che era collocato nel soggiorno di quella stanza d’albergo dove Akira risiedeva da giorni.
L’Uchiha era particolarmente inquieto, il vagito che lo aveva distolto da quella visione orrenda, colorata di sangue, era proprio quello di suo figlio. Con la sua voce cupa e profonda, leggermente alterata per l’accaduto parlò a Yukiko, senza però guardarla, dandole le spalle.

Perché sei venuta qui? Ti avevo detto di restare a casa, e così dovevi fare. La tua presenza qui è inutile.

~ La ragazzina non rimase delusa dalle parole del ragazzo, conosceva i suoi modi che del delicato avevano poco o nulla. Gli rispose con un filo di voce, imbarazzata e abbastanza spaventata dal dovergli rivolgere la parola.

• La mia presenza qui…è…inutile…Lo so…Ma volevo…che Ryu vedesse….Suo padre…Trionfare…E…Potesse gioirne…

~ Akira non rispose. Si avviò a passo flemmatico verso il bagno scuotendo il capo. Non le rispose perché trovava fastidioso perdere tempo a litigarci, infondo ormai era lì e non c’era nulla da fare.
La ragazza sorrise, nonostante sapesse che l’Uchiha non avrebbe potuto vederla: nei suoi occhi grigi e lucenti si riflesse una luce di gioia pacata, sapeva che quando il ragazzo non obiettava più quel silenzio era da interpretare come un “Fai come vuoi”. E quella risposta la soddisfaceva. Il piccolo Ryu, ormai arrivato al primo anno di età, sembrò gioire insieme alla ragazzina, allungando le mani verso i lunghi e lisci capelli di lei, che lo strinse a sé, rivolgendo a lui quel sorriso. Col capo chino, Yukiko sussurrò qualcosa all’indirizzo di Akira, mentre questi stava per chiudere la porta del bagno.

• Mi…Sono informata….Riguardo ai tuoi avversari…Dicono siano…Un certo Takashi Kinchou, di Oto…E…Un Certo Ryuzaki Uchiha Hatake…

~ La fine del discorso concise con lo sbattere della porta del bagno. Il viso di Akira era ottenebrato dall’ombra che i suoi lunghi capelli blu proiettavano sul suo viso dai lineamenti puerili: ma si poteva scorgere un ghigno malvagio, malizioso. Il ragazzo si liberò dei suoi vesiti con calma e si infilò sotto la doccia, lasciando che l’acqua rimanesse fredda, in modo da farlo destare definitivamente dal torpore che in parte ancora lo avvolgeva.
Quella cascata gli fece appiattire i capelli sul viso, coprendolo totalmente, e assieme al ritrovato ristoro, i pensieri sovvennero subitanei nella mente del ragazzo.

Sapevo del Ragno…Ma dell’Uchiha mezzosangue no…Deve essere quello che ha fatto del male alla mia allieva Sasame…La pagherà…E capirà quanto i mezzosangue siano degli essere inferiori.

~ Il ghigno non accennava a diminuire, la prospettiva di infierire sul corpo di quel malcapitato lo allettava alquanto, così come quella di misurarsi con takashi:

Finalmente potrò battermi anche con lui…Quando lo ho incontrato ho percepito un chakra diverso dai consueti…Era penetrante, da esso scaturiva una immane potenza…Chissà se riuscirà a farmi usare almeno il 50% della mia forza…Questa finale si prospetta interessante…

~ Finalmente uno scontro gli faceva venire voglia di combattere davvero. E questo fattore non si sarebbe rivelato positivo per i suoi avversari, dal momento che un Akira era dieci volte più difficile da sfiorare rispetto ad una sua controparte annoiata dallo scontro.
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dall’irrompere in bagno di Yukiko: la porta si spalancò, e la ragazza fece il suo ingresso, girando lo sguardo verso Akira.
Era nella doccia lui, con l’acqua che scendeva fredda sul suo corpo scultoreo.
Lo sguardo della ragazzina non era malizioso, ma rimase impietrito nel contemplare quello spettacolo: non riusciva a muoversi, nonostante la figura nuda del ragazzo fosse sfocata dalla protezione in plastica della doccia, ciò non le impedì di rimanere immobile, allibita.
L’Uchiha si accorse della scena e uscì dalla doccia: non provava il minimo imbarazzo nei confronti di quella ragazza, infondo non la reputava una donna e anche se lo fosse stata aveva detto ormai da tempo addio a quel genere di relazioni, reputando anch’esse una perdita di tempo.
Poggiò i piedi bagnati sul tappetino arancione che giaceva poco fuori dalla doccia, dinanzi allo sguardo incredulo di Yuki. La ragazza distolse lo sguardo, divenuta ormai violacea in viso per l’imbarazzo e la felicità. Con la sua manina candida afferrò l’accappatoio di Akira e mentre questi le dava le spalle glielo adagiò sul corpo, sfiorando per qualche secondo la sua spalla nuda con le sue piccole mani. La ragazza tremò, quel momento la emozionava non poco. Sembrava essere sul punto di svenire. Akira sentì il contatto di quella mano calda sul suo corpo, ma dopo essersene cullato per alcuni istanti lo interruppe infilandosi per bene l’accappatoio blu nero.
Yuki provò a giustificarsi, ma la sua lingua non ne voleva sapere di articolare frasi sensate.

• M-M-Mi scusi…A-A-Akira-Sama…I…Io…N-N-N…Non intendevo…E…Entrare…H..Ho…Fatto…Confusione…C-c-con un’altra…S…Stanza…

~ L’Uchiha la ignorò, la ragazzina era così agitata, sarebbe stato crudele infierire su di lei. Teneva lo sguardo basso Yuki, tremando.

Ora vai.

~ La ragazzina annuì col capo coprendosi il viso con le manine.

• S…S…Si!

~ Si voltò e scappò via. Akira scosse il capo, quella ragazza era dolcissima nel suo imbarazzo, ma purtroppo si era innamorata dell’uomo sbagliato.
L’Uchiha si dimenticò presto di quella scena, mentre si passava un asciugamano bianco sui capelli color indaco per asciugarli.
Si guardò un secondo allo specchio. L’immagine di quello strano sharingan e di quell’uomo si ripresentarono feroci nella sua mente.

Non ero io, ne sono certo…Ma chi era allora…?

~ Non riusciva a spiegarsi l’accaduto, ma cercò di non curarsene. Una volta asciutto si infilò con cura dei boxer nero e i pantaloni neri da combattimento, che erano larghi nella parte superiore e stretti in quella inferiore. Poi indossò il suo dolcevita smanicato, anch’essa dello stesso colore,per poi fare lo stesso con la bianca giacca in stile Anbu con il simbolo degli Uchiha ricamato ad arte sulla schiena. Indossò dunque i manicotti di colore blu notte, muovendo leggermente le mani per controllarne la sensibilità. Per ultimi si legò alle caviglie le fasce da combattimento e calzò i calzari di color nero.
Si sgranchì il collo e si guardò allo specchio: la sua immagine riflessa lo inorgoglì alquanto, la finale del torneo era giunta, e nonostante la rassegna dei Genin di tutti i paesi ninja fosse stata per lui sino a quel momento sotto il punto di vista della qualità di sfida offerta, sentì dentro di sé che quel giorno sarebbe stato diverso, avrebbe avuto modo di compiacersi dei progressi ottenuti dopo quei mesi di intensissimo allenamento.
Uscì dal bagno, e si apprestò al soggiorno: la camera era dominata da una luce opaca, affievolita dal filtro della bianca tenda, mentre al suolo il parquet ricopriva la pietra. Le sue armi erano state disposte ordinatamente da Yukiko, che con amorevole cura le aveva lucidate per bene con l’olio specifico e le aveva poste tutte vicine, in modo che il suo padrone avrebbe potuto indossarle senza perdere tempo.
L’Uchiha verificò con una rapida occhiata che tutto fosse al proprio posto: la sacca porta armi, con all’interno kunai e shuriken c’era. L’altra sacca, contenente il filo di nylon, svariate cartabomba, numerosi fumogeni e flash, dei tonici e degli uchiha shuriken era al gran completo e anche la katana dal fodero nero e rosso era stata sapientemente pulita e riluceva splendente. Per ultimi giacevano uno accanto all’altro un piccolo aikuchi e un nekote. Akira sogghignò, all’idea di quanto fosse premurosa Yukiko e si decise a indossare le sue armi: legò la katana a 30° di inclinazione dietro la sua spalla, in modo che sporgesse da sinistra, si legò ai fianchi le due sacche porta armi e indossò al dito medio della destra il nekote.Per ultima cosa, nascoste l’aikuchi all’interno del manicotto, in modo da poterlo estrarre a scatto, creando un notevole effetto sorpresa.
Yuki, che osservava la scena da lontano, nascosta dietro il muro di una stanza con Ryu in braccio, arrossì contemplandolo estasiata.

† Se tuo padre ti vedesse sarebbe orgoglioso di te…Sei un vero shinobi…Akira…

~ Anche il bimbo pareva essere catturato da quella visione, tanto che non ne voleva sapere di staccare le sue iridi azzurre dalla figura maestosa di suo padre.
Akira si mosse leggermente e si incamminò verso la porta, con un’espressione apatica: aveva riflettuto abbastanza, non voleva perdere altro tempo in macchinazioni dal logorio facile. Quel maledetto sogno, i suoi avversari. Gli avrebbe sconfitti tutti in un sol colpo, dimostrando a sé stesso di essere il migliore. Yukiko lo seguì mentre usciva dalla porta e la chiuse dietro di sé, portando insieme a lei anche Ryu. I tre scesero le scale, in realtà parecchio distanti, in quanto l’Uchiha precedeva i due di alcuni metri e non badava minimamente a loro. La sua espressione non lasciava trasparire alcuna sensazione, le emozioni erano totalmente assenti in lui. Chiunque sarebbe stato teso e preoccupato, o forse anche un po’ eccitato, poco prima di una finale di quel calibro. Ma lui no, non era fatto così. L’apatia regnava sovrana a lui, tempo fa aveva deciso di ergersi su alto monte, dal quale contemplava disinteressato le passioni umani, crogiolandosi nel suo eremo iperuranico.
L’arena era vicina all’albergo, ma il tragitto parve più lungo del dovuto, a causa di diversi pensieri che sovvennero all’Uchiha durante il compiersi di questo.

Tsk, spero non ci sia gente, quelle fastidiose civette sugli spalti mi disturbano…Chissà se Hinato, Kisuke, Sasame Hatake o Shin verranno…e soprattutto, mi domando se ci sarà l’altra Sasame. Si troverebbe in difficoltà a dover scegliere tra il suo ragazzo e il suo sensei. Mpf, sarà una bella baraonda oggi, ma non importa…Sarà tutto finito prima che la gente possa accorgersene.

~ Yukiko non rivolse parola al giovane ragazzo del clan del ventaglio, timorosa di deconcentrarlo o farlo inquietare contro di lei. Si limitò a camminare col capo chino e seguirlo con la coda dell’occhio, mentre all’esterno dava l’idea di sincerarsi premurosamente delle condizioni del piccolo Ryu. Passarono diversi minuti e finalmente la poderosa e colossale arena Kurosaki si innalzò dinanzi agli occhi dei tre: la struttura aveva più la forma di uno stadio che di un arena, ed era sempre quella utilizzata per gli altri match del torneo. Dall’esterno si poteva già udire un vociare sostenuto della folla all’interno che rumoreggiava, ansiosa per l’arrivo dei protagonisti dell’epico scontro.
La struttura grigia sovrastava un piccolo altopiano, dal quale svettava e sembrava guardare tutto il paese di Kurosawa, quel paese dimenticato da dio e dal fato, dove gli shinobi avevano affrontato le varie vicissitudini legate al loro conseguimento del grado di Chuunin.
A pensarci, l’intero esame era stato particolarmente ostico, tranne per personaggi con doti che andavano ben oltre l’immaginazione e la norma per il loro grado. Molti aspiranti chuunin erano stati eliminati nella prima fase dell’esame, quella che aveva forma di piccola missione, uguale per ogni team. Akira l’aveva affrontata assieme a Sasame e Shin, e i tre erano riusciti ad eludere le difficoltà senza particolari problemi, ma sol grazie alle loro abilità fuori dal comune. Poi v’erano state diverse fasi di scontri, prima a coppie, poi singoli nei quali i Genin avevano potuto dare dimostrazione della loro forza e impressionare il pubblico che puntualmente e numeroso accorreva ad assistere a quei match mozzafiato nei quali la perdita della vita era non una solo remota possibilità.
Lo stesso Uchiha aveva eliminato un Kiriano, Cloud Kaguya, e ne aveva graziato un altro, per evitare la morte al suo compagno di team. La vita di quei circensi non era che un valore che bilanciava e rendeva gli scontri più concitati ed emozionanti. Null’altro.
Dei passi, poi il silenzio, l’arena si ammutolì evidentemente l’annunciatore stava leggendo i nomi dei tre partecipanti: al nome di Akira Uchiha, pronunciato per ultimo, il vasto pubblico si produsse in un boato, seguito da lunghi applausi. Il sanguinoso Uchiha aveva conquistato la folla, con la sua abilità fuori dal comune, col suo dimostrarsi sempre superiore a tutto e tutti, con la sua manifesta supremazia incontrastabile. Una nutrita schiera di suoi sostenitori si accavallava sugli spalti, addirittura qualcuno aveva dei cartelloni per lui. Incredibile, il mondo va proprio in questo modo: più si cerca di rimanere nell’anonimato più si diventa personaggi, più si cerca di nascondersi nell’ombra tanto più i riflettori vengono puntati su di te, più cerchi di passare inosservato più la gente ti idolatra e ti rende un eroe.
Una voce sembrò smorzare quella rozza esultanza di ammirazione. Una voce familiare: era Kisuke, Kisuke Nara, Genin che aveva preso parte all’esame, per poi ritirarsi per motivi che Akira non aveva mai avuto modo né voglia di conoscere. Il ragazzo dal codino corvino stava osservando l’Uchiha da diverso tempo, senza che questi se ne accorgesse in alcun modo, preso com’era a disgustarsi per quello spettacolo immane scaturito dall’eccitazione della folla.
Finalmente identificatolo, Akira si voltò verso di lui, con aria seria e pacata. Era concentratissimo, ma non v’era alcuna emozione dentro di lui.

» Eccoti, finalmente…

~ Akira rispose semplicemente con un ghigno provocatorio. Era il suo compagno di missione, quello che lo aveva accompagnato nel successo del recupero della spada Raijin dal Villaggio dell’Erba.

» Tsk, fatti onore.

~ Il codino della foglia rivolse queste parole all’indirizzo del genin dai capelli blu, prima di addentrarsi nell’arena, evidentemente sarebbe andato ad occupare il suo posto e si sarebbe goduto lo spettacolo. Akira rimase leggermente sorpreso dalla presenza del Nara in quel contesto, e di quel incoraggiamento: non aveva dimenticato le avventure spesso folli vissute insieme, ed era giunto lì per verificare i progressi compiuti dal suo rivale. Ma incredibilmente, pochi secondi dopo giunse alle porte dell’arena anche Hinato, che sembrava seguire Kisuke e cercare di farsi attendere. Lo Hyuga non avrebbe perso l’occasione di spronare anche lui l’Uchia, ben conscio che il suo ex capitano non necessitasse di incoraggiamenti, ma volenteroso in ogni caso di infondergli un po’ di fiducia ulteriore.

» A-Akira-kun…Buona fortuna…Fai del tuo meglio…Vinci e dimostra il tuo valore ancora una volta!

~ Era una cosa poco verosimile, che un ragazzo dal carattere tanto chiuso e introverso, che non si poteva definire altrimenti se non spaccone e superbo, montato e protervo, altero e fiero, avesse una cerchia di amici che lo tenevano tanto a cuore. Lui conservava la sua visione del mondo, nella quale per i legami veri non v’era alcuno spazio: aveva imparato durante la sua vita che i legami sono dei punti deboli e chi lotta per un obiettivo non può distrarsi a coltivarli. Ma aveva anche imparato che quando c’è da proteggere qualcosa si diventa più forti, anche senza volerlo. E più c’è da proteggere più si è forti. Una forza che viene dall’animo, che ti rende capace di fare cose delle quali nemmeno avresti giurato l’esistenza. Eppure era così, e lui l’aveva imparato nonostante non fosse ancora disposto ad ammetterlo a sé stesso. E in questo caso da proteggere c’era la stima, l’ammirazione, la fiducia che Hinato, Kisuke, Sasame Fuuma e Hatake, Yukiko, Sayaka Okami, Ryu e tutto quel pubblico in festa nutrivano verso di lui. Un grande potere comporta grandi responsabilità, si dice in gergo. Perché una grande forza comporta anche enormi aspettative nei tuoi confronti, e nessun uomo sulla terra ama disilludere queste aspettative. Nemmeno Akira.
L’Uchiha lanciò un ultimo sguardo al cielo, si stava annuvolando e il sole si faceva meno caldo. La luce baciò il suo viso dolce, quasi per stringerlo ancora in un abbraccio del quale la stessa palla di fuoco pareva compiacersi. Erano tutti con lui, nonostante lui non si mostrasse in alcun modo bisognoso di aiuto e né era la persona più indicata verso la quale esprimere i propri sentimenti. Non rispose allo Hyuuga, ma il suo ghigno la diceva lunga. Era un particolare ringraziamento. Hinato si avviò a seguire Kisuke, e i due entrarono assieme nell’ingresso riservato agli spettatori.
Il team della missione a Kuni pareva essere ancora unito, nonostante la sua eterogeneità. Yukiko avrebbe dunque dovuto affrettarsi a salutare Akira, ma parve ritardare volontariamente il congedo, quasi non riuscisse a staccarsi da lui. Lo seguì persino mentre il ragazzo entrava dall’ingresso riservato ai combattenti. Qui vi fu un ennesimo incontro che confermò come akira fosse incredibilmente rispettato e amato da coloro che lo circondavano, nonostante il suo carattere rendesse tutto più difficile. Ma forse era proprio quell’alone di mistero che lo rendeva un uomo degno di ammirazione, era quella ostentata sicurezza che lo rendeva il modello da emulare per tutti gli shinobi.
Appoggiato al muro, bendato con vistose fasce che coprivano le ferite rimediate nel suo ultimo incontro, v’era Sasame Hatake. Il ragazzo attendeva il suo ex compagno di duello appena all’interno dell’entrata:

» Akira…Quello è un osso duro…

~ Stava forse provando a metterlo in guardia? O forse si stava mettendo controcorrente rispetto a tutti gli altri che fiduciosi avevano spronato l’Uchiha? Sasame si riferiva a Takashi Kinchou, suo avversario nella fase precedente che lo aveva brutalmente battuto. Non sembrò aver concluso e seguitò.

» ...Fallo a pezzi.

~ Anche Sasame aveva implicitamente incoraggiato Akira. Il suo sorriso la diceva lunga sulla stima che provava nei confronti dell’Uchiha dai capelli blu. Il ragazzo di Konoha sogghignò, e lo guardò per un istante, quasi a volergli trasmettere la fiducia che lui stesso nutriva nelle sue doti. Vedere Akira così superbo, tranquillo, rilassato, sereno, e soprattutto, sicuro, spiazzava tutti coloro che lo incoraggiavano. E in un qualche modo, li aiutava anche a rasserenarsi e non stare in ansia per la vita del loro compagno.
Anche Sasame si allontanò, uscendo da quel luogo dove era presumibilmente entrato per esser certo di incontrare Akira.
Rimasero solo in tre, nel buio spezzato solo da una fioca lampadina giallastra di quella scalinata.
Akira, Yukiko e Ryu. La ragazza comprese che era giunto il momento di congedarsi e ruppe il silenzio che si era auto imposta per tutto il viaggio poggiando Ryu nel suo passeggino e poi dando le spalle all’Uchiha. Quel silenzio la turbava, la teneva prigioniera. Quelle maledette catene le ruppe quando si lanciò all’improvviso al petto di Akira: il ragazzo era molto più alto di lei così la sua piccola testolina venne a urtare contro i suoi scolpiti pettorali. La ragazzina cominciò a singhiozzare, piangeva a dirotto, stringendo la giacca in stile anbu del Genin. Poi lasciò la presa e lo abbracciò alla vita con vigore, quasi volesse portarlo con sé e non volesse lasciarlo entrare in quella dannata arena.
Alzò lo sguardo, i suoi occhi erano ancora lucidi e il suo dolce viso rigato dalle lacrime che copiose le avevano solcato i lineamenti. La sua vocina era ridotta a un sussurro, ma comunque fu possibile per il ragazzo udirla.

• Ti prego…Non Morire…Ci sono ancora troppe cose che devo dirti…Ho bisogno di te…

~ La ragazza aveva smesso di usare il suffisso “Sama” che solitamente utilizzava quando si rivolgeva all’Uchiha e gli aveva persino dato del tu. Il discorso era commovente e seppur celando l’esplicita dichiarazione, la rendeva visibile. Quelle erano parole forti, solo una persona le aveva dette ad Akira ed era stata Karin, madre del piccolo che ora si agitava irrequieto nel passeggino.
La ragazza lo strinse più forte. E lui per la prima volta fece un gesto d’affetto nei suoi confronti: le mise una mano dietro la nuca e gliela carezzò leggermente smuovendo la seta dei suoi capelli. La ragazza arrossì palesemente e rimase incantata a guardarlo mentre con lo sguardo perso nel vuoto rifletteva chissà su quale dei suoi logoranti pensieri. Poi Akira le parlò senza lasciare la presa sul suo collo.

Stai tranquilla…Finchè avrò qualcosa per cui lottare…Nessuno potrà nemmeno sfiorarmi.

~ La sua esistenza ora aveva assunto un senso. Non solo quello del raggiungimento del suo obiettivo, ma quello della sopravvivenza per non deludere le persone che credevano in lui. Era sicuro di sé anche in quel momento, mentre si apprestava ad affrontare un match che teoricamente sarebbe anche potuto rivelarsi mortale. Il sangue uchiha faceva la sua parte ora. E il suo carattere faceva il resto.
L’ultimo a salutarlo fu Ryu, che Yukiko ancora in lacrime aveva raccolto dal passeggino e aveva avvicinato al padre. Il bimbo istintivamente strinse la mano del padre, sorridendo. Era l’ultima motivazione, la più bella.
Akira si staccò dopo pochi secondi e diede le spalle ai due. Fece qualche passo in avanti. Era solo adesso.
No, ancora no.
Si voltò: un sorriso raggiante si dipinse sulle sue labbra rosee. Era divino, quasi un dio. Baciato da quella fioca luce, con i capelli che ottenebravano il resto del suo viso e quel portamento regale.
Si trovava in difficoltà a sorridere, era solo la terza volta nella sua vita che lo faceva, ogni sorriso aveva scandito un passaggio fondamentale della sua vita: l’inizio della storia con Karin, la fine della missione con Hinato e Kisuke, e ora questo, prima del match forse più importante della sua vita.
Si voltò poi definitivamente. I passi lenti che lo portavano a superare uno scalino dopo l’altro risuonavano maestosi nell’aria. Passi calmi, passi di qualcuno che si sente forte, che non teme nulla, passi sicuri.
Yukiko rimase estasiata ancora una volta a contemplarlo e con un sorriso smagliante che contrastava quelle lacrime di felicità pensò ancora.

† Akira…Crediamo in te…Io e Ryu…Tutti i tuoi compagni…Tutto il pubblico…Tutta Konoha…Fatti onore…

Non vi deluderò…

~ Le ultime parole, prima della luce. L’oscurità venne divorata, tranciata, inghiottita dalla luce dell’arena. Una figura dai capelli blu fece il suo ingresso nel campo di battaglia. Il pubblico balzò in piedi, producendosi in una standing ovation all’indirizzo del Genin del Konohagakure. Sugli spalti vi era una pletora di gente, da semplici curiosi a esperti shinobi, da importanti signori feudali ad accanite fans del ragazzo che strillavano con tutta la voce che avevano in corpo per dare forza al loro eroe, al loro beniamino.

» Eccolo! Guardatelo, quanto è bello!

» E’ stupendo!!!

» Guarda Kotetsu…E’ arrivato l’uchiha…

» Già…Spero ce la faccia…

» Soryuko-Sama, è lui il ragazzo su cui avete scommesso?

» Si, è lui. Vincerà di certo, basta guardare l’espressione nei suoi occhi. E’ uno shinobi vero.

~ Un settore apposito dell’arena era adibito a ricevere gli amici e i parenti, oltre che le figure più eminenti del villaggio di appartenenza dei combattenti.
Qui trovavano posto il Reimei di Konoha in persona, diversi Jonin della foglia, Kisuke, Hinato, Sasame Hatake, Sayaka Okami, Shin, Yukiko e il piccolo Ryu. I loro occhi erano puntati sulla piccola figura dal colore blu. Gli occhi di tutta l’arena erano su di lui.
Era il primo ad essere arrivato. Gli altri ancora si facevano attendere. Che fossero spaventati anche loro? No, non erano quel tipo di avversari, almeno Akira poteva dire questo di Takashi, che aveva personalmente incontrato prima del match.
L’Uchiha rimase immobile, impassibile ai cori che inneggiavano al suo nome reiteratamente, indifferente agli schiamazzi in suo onore, agli sguardi amorevoli di chi credeva in lui. Era concentrato, quasi in trance. Col capo chino al suolo, gli occhi ridotti a fessure.

Vincerò...



CITAZIONE
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Edit: Nota.




~ ..:: ۞ ::.. ~







Edited by Akira_Uchiha - 26/10/2008, 22:23
 
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