Prima Prova ~ Team 2, † K y u b i » & xyz10

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» • G i a c o ~
view post Posted on 29/10/2009, 18:54




Come avrete intuito,la prima prova sarà diversa per ciascuna coppia,ma tenete presente che le difficoltà saranno più o meno le stesse. Ripartiamo da dove eravamo rimasti a livello ON GDR: mettevate la vostra mano sull’esaminatore (descrivetelo come vi pare,tanto non ha importanza) e venivate teletrasportati al punto di partenza della vostra prova,il quale sarà rappresentato dall’immagine fissa che trovate qua sotto. Vi verrà spiegato che vi trovate sempre a Kawa,ma ad un tot di metri di distanza dal castello,a seconda del luogo in cui starete per svolgere una specie di Mini-Quest. L’obiettivo di tale missione sarà quello di recuperare una Pergamena Istantanea dello stesso colore del biglietto che avete pescato poco prima ed aprirla; il tutto,superando degli ostacoli che incontrerete improvvisamente lungo il percorso,entro la mezzora. Dopo le pochissime indicazioni che riceverete,l’esaminatore sparirà in una nuvoletta di fumo,dando il via al tempo. Ma prima che ciò accada…
…vediamo adesso come si svolgerà la vostra prova a livello OFF GDR,in base alla quantità ed al contenuto dei post che dovrete scrivere:

[Post Presentazione]: Sarà un po’ più lungo degli altri,ve lo premetto: dovrete descrivere il momento in cui ricevete il permesso di partecipare alle Selezioni dei Chunin; il viaggio verso Kawa,tenendo presente che ci vorranno circa due giorni; l’arrivo al Castello e tutta la procedura descritta nel Topic precedente,rispettando tutto ciò che vi viene detto,fino a quando vi teletrasportate via. Inutile dirvi che,essendo degli aspiranti Chunin,ci si aspetta che ruoliate ad un livello abbastanza alto per ricevere la promozione.

Per adesso accontentatevi di questo. Il resto vi sarà dettato man mano che andrete avanti. Per aiutarvi nella descrizione del castello,eccovi una breve collocazione: si trova su un altopiano con abbondante presenza di vegetazione,all’estremità Sud-Occidentale del Paese dei Fiumi,vicino al confine con il Paese del Vento. (Guardando l’orizzonte): davanti a voi il mare; alla vostra destra il deserto; alla vostra sinistra la foresta; alle vostre spalle le montagne e le valli. Per quanto riguarda l’interno dell’edificio,a parte i colori oro ed argento,la descrizione è libera in quanto non fondamentale,tuttavia ci si aspetta un minimo di coerenza tra i membri di una stessa squadra.

 
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† K y u b i »
view post Posted on 31/10/2009, 16:20





¬ Forgiving What I’ve Done



I° Day


Imperdonabile ed impassibile, si, il suo orgoglio era come la sua spada. Zona centrale di Konohagakure No Sato, verso le prime ore del mattino, sul tetto di una casa bianca situata nel quartiere Nara, un ragazzo dall’aria stanca e trasandata stava respirando a pieni polmoni l’aria frizzantina ed osservava alquanto annoiato il lento sorgere del sole sopra i colli ad est del villaggio. Sdraiato sul fianco sinistro, il giovane dal codino nero sbadigliò una, due, anzi, tre volte prima di spostarsi via da quella luce così luminosa che, lo stava accecando. Prendendosela con molta calma, cercò una zona che sfuggisse a quei raggi aranciati. Lo shinobi della foglia spostandosi dal margine sinistro dell’abitazione si accovacciò poco dopo, proprio al centro di essa, dove trovò riparo grazie ad un comignolo sporgente e spazioso che lo proteggeva bene da quei fasci luminosi. Il suo sguardo, come sempre ridotto a fessure, si spostò via da quel globo dorato ed andò oltre. Al di là di quella grande stella arancione che, pian paino si faceva largo tra le case dei fogliosi per salire imperterrita alta nel cielo, si poteva notare chiaramente, sparsi qua e la, stormi di corvi canterini di un color nero che potevano competere con i capelli e gli occhi del Nara. Proprio in quel momento uno stormo di ben cinque volatili gli passò sopra la testa. Il loro gracchiare era davvero insopportabile, ma almeno la situazione non poteva essere delle più interessanti. Infatti, due esemplari si erano staccati dal gruppo e si davano battaglia senza esclusione di colpi. Grattandosi la parte posteriore del capo, Kisuke, rimase tranquillo a godersi quel spettacolo fino alla fine, quando vide cadere uno dei due a pochi passi da lui, ferito, tra un vortice di piume nere. Visto l’alzarsi del sole e l’impossibilità di trovare uno spazio dove l’ombra potesse regnare sovrana, il ninja si avvicinò al corvo. Il rapace non riusciva proprio a stare fermo ed anche se si trovava in una pozza di sangue e piume con un dolore lancinante in tutto il corpo, riuscì a spostarsi sulla pancia dandosi un’aria più dignitosa. Sfortunatamente non lo poteva aiutare, buffo. Passò oltre e si avvicinò alla porta per andarsene. Oltrepassato il ciglio era pronto a scendere, quando provò una strana sensazione alle gambe, un strofinio soffice lo percorse alla base degli arti. Abbassò la testa e vide una macchia grigia con una coda ritta verso l’alto scomparire dietro l’angolo. Non passò molto e d’un tratto, i rumori prodotti dal corvo cessarono del tutto, l’animale di li a poco sarebbe diventato liquido in quella cavità di succhi gastrici chiamata stomaco. Scese le scale pacatamente e giunto al pianerottolo passò attraverso un’altra porta che lo portò nel corridoio del secondo piano, dove si trovavano tre stanze. La prima a destra era il bagno, poco distante da essa, sempre sulla destra c’era la sua camera da letto; invece, di fronte stava quella per gli ospiti. Passò la prima ed entrò direttamente nella seconda. Nell’ambiente spartano si poteva vedere subito un pesante futon posto al centro, era stato fatto da poco. Poco più in la, vicino alla finestra, scorticato alla base e ai lati delle portelle, c’era un pesante armadio di legno scuro. Si poteva dire tranquillamente che l’arredo era spartano. Kisuke si avvicinò alla finestra, tese il braccio sinistro sulla maniglia e con un leggero scatto l’aprì, fino a spalancarla di netto. Porse la testa fuori giusto un momento, in modo da ricordarsi com’era la sensazione del brio mattutino prima di convogliare i suoi pensieri su come passare la giornata. Anche se la temperatura era mite, lo shinobi ombroso, tornato dentro ed adesso davanti all’armadio, non si pentì affatto di aver tirato fuori anche una lunga tunica nera. Vestito sempre uguale, proprio come voleva la sua monotonia quotidiana, il giovane uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. Tra uno spostamento e l’altro, la figura avvolta nel mantello nero si spostò verso il pian terreno, dove ad attenderlo c’era: Una stanza buia. Non si vedeva niente. Nell’aprire le tende, ogni tanto si poteva sentire una bestemmia. Tornata la luce, tutto tornò alla normalità, anche se, il dolore agli stinchi non se ne era andato. Leggermente zoppicante, il foglioso uscì dalla casa senza prendere o fare altro. Sembrò come se fosse appena uscito da una bolla di vetro insonorizzata fatta persona. Fuori era già tutto un via vai di persone cose ed animali. Si sentì risvegliare come se avesse preso un forte ceffone dalle attività mattiniere degli abitanti di Konoha. Prima di intraprendere la solita rutine, qualcosa lo fermò sulla soglia di casa sua. Appena sulla porta c’era una busta dall’aria ufficiosa. Per un attimo penso che ci fosse uno sbaglio. Lui non riceveva mai posta. Tese la mano e strappo la busta bianca dalla superficie legnosa e la girò cercando il destinatario. Non c’erano dubbi, era indirizzata a lui da parte del consiglio di Konohagakure. Come colpito da una scarica elettrica rigirò la busta e tirò fuori la lettera. I suoi occhi passarono velocemente da sinistra a destra mentre leggeva quelle poche righe intrise d’inchiostro nero. Possibile? Il monogramma non mentiva, di nuovo era stato scelto per partecipare agli esami chunin, che quest’anno si sarebbero svolti nel Kawa No Kuni. Eclissato da rumori molesti, Kisuke, tergiversò un attimo su quella chiamata da parte del villaggio della foglia. Si era perso in quello che si poteva definire un lungo flashback di ricordi. Ne era passato di tempo da quando aveva ricevuto quella lettera per la prima volta. A quel tempo era un giovanotto inesperto e immaturo che, si era agitato quando aveva visto quella pergamena per la prima volta. Solo che in questa circostanza non si sarebbe ritirato come nell’esame precedente, no, questa volta sarebbe andato avanti fino alla fine, deciso a conquistare il diritto di essere un chunin. Nei suoi sogni più tormentati, vedeva i volti dei suoi compagni, ormai chunin, che l’avevano lasciato in dietro, deridendolo come se fosse un povero idiota. Lo sentiva nelle urine che non poteva lasciarsi scappare un occasione d’oro come quella, la sua fregola di sangue ere uscita dal suo bozzolo ed adesso aveva fame. Aveva una settimana di tempo per prepararsi al meglio, vergognoso. Insomma, se fosse stato per lui avrebbe iniziato già da domani l’esame, ma visto che aveva una settimana ancora da trascorrere prima dell’inizio delle prove, decise di prendersela con molta calma. Ci volevano circa due giorni per arrivare al luogo prestabilito, quindi, aveva ben cinque giorni per svagarsi prima di partire per il suo secondo esame dei chunin. Per prima cosa doveva bearsi di quella notizia, così andò dove sapeva di trovare qualcuno con cui legittimare il positivo pensiero. Con un passo che non lo contraddistingueva, raggiunse in pochi minuti la sua taverna preferita. Oltrepassò le tendine e vide il cuoco di ramen migliore che il villaggio della foglia avesse mai visto. Dall’ultima volta che l’aveva visto non era cambiato. Grassoccio con due baffi lunghi che potevano competere e magari vincere contro quei pochi capelli che si ritrovava su quella noce chiamata testa. Spostando lo sguardo dallo chef, vide che c’era solo un cliente all’interno della tavola calda; quel giorno si stava tirano la fiacca. Kisuke salutò facendo giusto un cenno con la mano e il cuoco, che in preciso instante stava servendo il cliente risposte in egual misura. Attraversata la stanza, il Nara, si mise a sedere distante due sedie dallo straniero. Egli aveva già iniziato a mangiare e non sembrava molto curarsi della presenza di uno shinobi come lui. Stava ancora a fissarlo quando il cuciniere gli piazzò davanti alla faccia una ciotola fumante del suo solito ramen.


« Ragazzino ormai non hai più tempo per me eh?.. Vorrei sapere cosa combini ogni santo giorno, gli affari vanno male se non ci sei te che mi ordini almeno due ciotole di quella brodaglia che vi piace tanto a voi giovani. Se solo i tuoi fossero vivi saresti messo in riga come si deve, credo che andrò dal capo del clan per farti dare una lezione con i fiocchi, aspetta e vedrai..Eh.. quella cos’è? »


† Come al solito, il vecchio, sputava la sua classica e tediosa ramanzina in faccia al ragazzo. Kisuke, c’era ormai abituato che non si apprestò a rispondere alle minacce che gli aveva indotto. Non solo perché non voleva risponderli ma anche perché non poteva. Dapprima, quando egli aveva iniziato a martoriarlo, l’ombroso aveva già imboccato le prime bacchettate del suo ramen e a fine discorso ne aveva ancora la bocca piena. Così, quando il proprietario della tavola calda adocchiò la lettera, lo shinobi non fece altro che prenderla e porgergliela perché la leggesse; almeno avrebbe smesso di parlare. Lo chef, finalmente silenzioso, lesse le righe con molta attenzione. Alla fine, quando ancora il foglioso non aveva terminato di mangiare, riprese a parlare con la sua parlantina monotona.


« Quindi partirai fra pochi giorni per l’esame eh? Vedi di farti promuovere questa volta, non vorrai restare genin a vita. Non ho ancora capito perché ti sei ritirato la volta precedente. Se i tuoi fossero stati ancora vivi.. Che tristezza, vedi di non deluderli ancora, anche se sono sotto terra a risposare in pace.»


† Concluse il discorso additandolo severamente. Da altra conto aveva ragione, questa volta non poteva fallire. La vergogna di tornare al villaggio ancora da genin non era il massimo della felicità. Se i suoi fossero vivi di certo adesso gli avrebbero detto la stessa cosa, che tristezza che ci fosse stato un vecchiaccio mezzo decrepito a dirglielo in faccia. Intanto nella sala erano appena rimasti in due, lo straniero aveva pagato ed se ne era andato salutando il gestore ed adocchiando lo shinobi dalla lunga cosa solo per un attimo. Il ninja finì di mangiare con calma le poche tagliatelle rimaste. Posate le bacchette al centro del piatto guardò il suo “padre adottivo” con uno sguardo scuro in volto. La sfacciataggine con cui gli aveva parlato da genitore non lo rincuorava di certo, anzi, non gliene fregava più di tanto. Peccato che c’era quel suo orgoglio che non gli permetteva di passare oltre e far finta di nulla come se niente fosse successo.


‡ Vecchio lascia in pace i miei genitori, non credo che ci sia delusione in quei corpi andati sotto terra a marcire senza un qualcuno che gli ricordasse come il sottoscritto. Per l’esame vedrò di fare il meglio per poter continuare la mia carriera nel mondo degli shinobi. Ti saluto.


† Freddo e distaccato il ragazzo dell’ombra lasciò qualche moneta sul tavolo e si girò per andarsene via. Aveva un paio di cose da fare prima di concludere serenamente la sua giornata e non poteva sprecare del tempo prezioso battibeccando con un vecchio pazzo. Non aveva fatto nemmeno due passi che il bottegaio lo aveva fermato con il suo solito fare saccente ed esclamazioni a non finire.


« Ei.. Dove stai andando? Non pensare che finisca qui. Non mi puoi parlare così, il rispetto è una parte essenziale per uno shinobi. Senza rispetto finirai da qualche parte a brucare l’erba con un spada nella schiena.»


† Non si fermò, non si girò, non parlò. Andò avanti facendo solo un cenno con la mano destra prima di uscire dalla tavola calda. L’ora era tarda, aveva perso la cognizione del tempo parlando con quel vecchio pazzoide. Prima di distendersi a guardare le nuvole sul tetto di qualche casa doveva sbrigare delle faccende. Per prima cosa andò a ritirarsi le armi che aveva acquistato poco tempo fa e che gli sarebbero tornate molto utili per la prima prova d’esame. Fortunatamente all’arsenale non c’era nessuno così, dopo aver consegnato la lista, le prese e se ne andò. Non possedeva più un soldo alla fine, ma adesso in tasca aveva un armamentario da far paura. Concludendo la prima parte della lista poi, camminò parecchio per il viale ed acquistò parecchie vivande per l’attraversata. Si stava facendo quasi ora di pranzo, quando camminando sul versante nord del villaggio della foglia, passò accanto al cimitero. Da quando aveva preso parte alla missione con Akira,Hinato e Shin nel paese dell’Erba non era più venuto a vedere le tombe dei suoi genitori. Attraversò centinai di lapidi prima di trovarle. Tra tutte quelle che aveva visto fiancheggianti ai due Nara, piene di fiori di vari colori, quelle dei suoi erano austere con nessun bocciolo a fargli da cornice. Inginocchiandosi a una delle due, riuscì a vederne incisi i loro nomi sotto tutte quelle foglie trasportate dal vento che coprivano un discreta parte della superficie marmorea. Rimase a guardarle per un po’ immaginando una vita con loro a fianco, che angoscia. Chissà se era stato perdonato per quello che aveva fatto. Prese le borse e se ne andò da quella landa triste dove le anime dei morti non potevano mai trovare pace. Fece il percorso inverso e tornò a casa dove posate le borse si preparò qualcosa di veloce per pranzo prima di dedicarsi al suo solito passatempo. Saziò il suo stomaco con un quarto di quello che aveva comprato nelle bancarelle del villaggio. Il momento di tranquillità condito con una o più pennichelle, ormai era un rito irrinunciabile nella vita del Nara. Salì le due rampe di scale fino a giungere sul tetto della casa. Spostatosi, il sole, aveva creato una piccola zona d’ombra dove Kisuke trovò riparo. Come previsto la carogna del corvo era sparito in una scia di sangue; che vita, un giorno si è vivi e felici mentre quello dopo ci si può ritrovare sulla schiena.. morti. Semidisteso, il natio del Konohagakure giocherellò con un kunai fino a tarda notte, pensando a cosa l’avrebbe aspettato di li a qualche giorno. Gli avversari sarebbero stati ancora una volta formidabili? Lo sperava. Magari superiori a lui, non c’era modo migliore di sviluppare la propria forza scontrandosi con dei nemici che erano davanti a lui di qualche passo. Sorrise beffardo, l’attesa gli faceva uno strano effetto, i cinque giorni che passarono da quando ricevette la lettera furono i più lenti della sua vita. Aspettava, aspettava e nel suo cuore la morte di gioia gridava, ecco a cosa i nemici dell’esame chunin quel giorno nefasto aspettava.

.:۞:.



VI°/ VII° Day




† Camminava lungo il viale. Le foglie sparse a terra volavano via al suo passaggio, gli alberi alle sue spalle diventavano secchi, curvi ed infine morti. Tutto quello che si lasciava alle spalle aveva un odore di putrefazione, percorse la via fino al bivio, dove alla fine salì le solite scale sdrucciolevoli. Il freddo aumentava ad ogni passo e a metà della rampa iniziò a nevicare. Raggiunta la cima si vide piegato in due davanti alla lapide, sangue, lacrime ed urla. Sotto la luce del sole, il ragazzo si svegliò di soprassalto grondante di sudore. Si mise una mano sul viso coprendosi gli occhi, cercò di ricordare quello che aveva appena vista. Ma oltre al freddo e ad un manto bianco che assomigliava molto a quello delle montagne innevate tutto era buio completo. Alzò la testa e si guardò attorno. Una distesa verde lo circondava; all’orizzonte, verso est, si poteva ancora scorgere il villaggio di Konoha. Aveva aspettato cinque giorni prima di partire e di li a sette ore prima era ancora disteso su futon a pensare all’esame che stava per iniziare. La strada che doveva percorrere era ancora lunga, la locazione della selezione dei chunin distanziava ancora due giorni e due giorni sarebbero bastati per raggiungere il paese del fiume, al confine con il paese del fuoco. L’ardore per gli esami si era lentamente sopito dentro di lui, facendolo sembrare una scampagnata. Metà giornata era passata tranquillamente, almeno fino a quel momento, quando, stanco per l’attraversata, si era addormentato al centro di una campo di grano per svegliarsi qualche ora dopo sconcertato da quel suo sogno. Si sentiva vulnerabile, come se fosse nudo ed esposto come una bestia. Da sotto il cappuccio, Kisuke, si guardò attorno, non c’era anima viva nel raggio di qualche kilometro, stranamente. Dopotutto mancava meno di quarantottore all’evento che richiamava più gente da tutto il mondo ninja, gli esami chunin. Forse era solo una strana coincidenza. Ascoltando il canto di un lontano passero solitario, Kisuke si alzò, si mise lo zaino in spalla e riprese a marciare, cercando il vecchio sentiero che l’avrebbe condotto a Kawa no Kuni. Calpestò fili su fili di grano, prima di trovare il giusto cammino. Tastando con i calzari il nuovo terreno, sentì la sabbia fine e le pietre spigolose farsi strada tra le concavità delle suole. Sotto il sole cocente, il Nara continuò la sua marcia senza mai fermarsi, almeno fino a quando non incontrò sulla strada una vecchia tavola calda, verso il tardo pomeriggio del sesto giorno dall’arrivo della lettera. La, L’unica cosa che ordinò fu solo un bicchiere d’acqua dalla temperatura tiepida; fame non ne aveva, l’unica cosa che voleva fare era riposarsi a causa della stressante scarpinata che aveva appena compiuto e che non aveva ancora concluso, grazie al cielo la scusa lo trattenne su quel sgabello di legno eroso dalle termiti, almeno un oretta. Quando i respiri diventarono lenti ed regolari, Kisuke, era pronto per di ripartire. Sacca in schiena uscì dalla trattoria, girò a destra e procedette per la sua strada. Le ore passavano, il sole non cessava di rosolare la testa del ragazzo, i suoi piede si facevano sempre più pesanti, i kilometri si accumulavano sulla sua schiena e solo verso sera decise di accamparsi in uno spiazzo circondato interamente d’alberi. Al scoppiettare lento del fuoco il sesto giorno dopo l’arrivo della lettera della selezione dei chunin stava terminando, e anche se spaventato all’idea di addormentarsi, a poco a poco, il Nara appoggiò la testa ad un tronco, per sprofondare in un sonno pieno di ansie e di paure. Il giorno seguente sarebbe stato l’inizio di tutto, oppure, la fine di tutto, davvero mortificante come ultimo pensiero. Sembrò di essersi appena coricato quando qualcosa di chiaro ed accecante lo colpì in viso costringendolo a svegliarsi. Il giorno era arrivato, tutto sembrò sfocato all’inizio, poi a poco a poco sentì di un fitta allo stomaco che gli schiarì la mente facendolo rinsanire. Era appoggiato ad una delle radici dell’ albero quando iniziò a sbadigliare ed a stiracchiarsi. Il fuoco era spento da così tanto tempo che era rimasta solo la cenere a fargli da cornice tra quel circolo di pietre. Scrocchiò la schiena un due volte prima di riprendere il cammino, ormai mancavano poche ore all’arrivo. Il confine era dietro l’angolo, finalmente era entrato nel paese del Fiume. Di li a poche ore sarebbe arrivato al castello dove si sarebbero tenute le selezioni dei chunin. Quando raggiunse il villaggio nascosto del paese di Kawa, c’era già più gente che parlava delle selezioni: Chi era curioso, chi preoccupato oppure interessato a vedere le finali con gli amici. Circondato da centinaia di persone non sapeva più quale via prendere per raggiungere il castello. Sperduto in un paese che non gli apparteneva non riusciva a trovare la strada giusta. Si perse almeno due volte prima di vedere un paio di suoi compagni, o per meglio dire colleghi. Sul corpo portavano un copri fronte ninja. Facendo finta di nulla si accodò a loro risalendo una ripida strada. In breve tempo riuscì a raggiungere il castello. Visto da vicino sembrava ancora più imponente con tutte quelle torrette sparse sopra il tetto e le vetrate colorate. A quella vista si sentì un po’ titubante, fece un passo verso il portone di quercia pronto all’essere giudicato da una giuria inflessibile. Mancavano pochi passi alla soglia quando le porte si aprirono da sole dall’interno. Un giro d’aria fece fuoriuscire un odore stantio, come se il castello fosse in disuso da qualche secolo. Entrando con la marmaglia vide che la hall era piena di presunti esaminatori. Appena si richiusero le porte il silenzio nacque improvvisamente. Poco tempo dopo un esaminatore su tutti salutò i nuovi arrivati ed ordinò loro di disporsi su una fila. Decise di non farsi scappare nessuna sillaba, se voleva essere promosso almeno un minimo doveva stare attento. Aspettò trepidante la lettera “N” del suo cognome guardando fisso danti a se e quando l’esaminatore lo chiamò con voce squillante.

• Nara.. Kisuke Nara si faccia avanti, prego.

† Avvicinandosi al bancone dove erano disposte le sfere nere, il ragazzo prese le poche rimaste, domandandosi quale fosse il loro utilizzo. Aprendo la sfera lesse il biglietto contenente il numero magico. 2, era destinato al gruppo o team due. Dopo aver scrutato il numero cercò con lo sguardo il compare che doveva avere il suo doppione. Nell’individuarlo l’unica cosa che gli interessò constatare fu il copri fronte. Questa volta gli era capitato un ninja straniero, proveniente dal villaggio nascosto di Kirigakure. Stando vicini quanto due fratelli, sia il foglioso che il kirano erano pronti per il secondo pescaggio. Come aveva fatto pocanzi, ancora una volta, Kisuke, tese il braccio e prese una pallina. Questa volta al suo interno non c’era nessun numero, ma bensì un colore e alla fine il suo team divenne il “gruppo azzurro”. Nel monitor dietro il gruppo di esaminatori spuntò una lunga lista di nomi. Con gli occhi ridotti a fessure vide il suo nome sottolineato in cima all’elenco. A quanto pare era destinato a diventare il capogruppo di quella prima fase d’esame, che fortuna irriverente. Invitato a toccare la spalla del proprio esaminatore, Kisuke, lentamente posò il braccio destro su di lui aspettando. Non aveva degnato di un saluto il proprio compagno, c’era tempo per le conoscenze una volta teletrasportati all’interno dell’esame. Quello che vide poi fu: sPer uni isntate il classico fumo bianco, poi tutto diventò nero. Ora c’era solo lui e la voglia irrefrenabile di iniziare quell’esame chunin che tanto aveva aspettato, forse anche troppo.



 
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xyz10
view post Posted on 1/11/2009, 22:40




¬ Legenda ¬ Narrato
Parlato
Parlato Hikaru
Parlato Yui
Parlato Consigliere 1
Parlato Consigliere 2
Parlato Mizukage
Parlato Altrui


¬ The Chosen One ¬ No, quella non si poteva assolutamente definire una giornata “come le altre”.
Prima cosa stupefacente: il sole splendeva alto nel cielo. Incredibile!, fu il suo primo pensiero nel vedere i suoi raggi illuminare la tetra cittadina che gli aveva donato i Natali fino a quel momento. Eppure, per quanto potesse essere magnifico crogiolarvisi, magari distesi sul’erba o in riva al vicino mare, secondo il suo modesto parere la nebbia era ormai diventata una cosa caratteristica di ogni mattina. Non averla lì, pronta ad accoglierti fredda come sempre, sembrava come una defezione. Come se l’intero panorama circostante fosse stato irrimediabilmente compromesso.
Secondo fatto, ma molto più importante del precedente: non aveva nemmeno voltato l’angolo che un jonin gli era improvvisamente apparso di fronte. Istintivamente la mano del genin passò alla fodera della wakizashi, posta sulla schiena, pronta a qualunque evenienza. Obiettivamente, però, era convinto che semmai uno shinobi di tale livello avesse ricevuto l’ordine di eliminarlo, non gli si sarebbe mai presentato dinnanzi, con le decine di modi di uccisione di cui poteva essere a conoscenza.
Il giovane kirese si limitò perciò a squadrare l’altro, in attesa delle parole che sarebbero state a breve pronunciate dal suo superiore.

Fujiwara Takeshi, il Mizukage ed i suoi consiglieri desiderano parlarti, in privato. Immediatamente.


Solo a quel punto, il sedicenne si era rilassato e la sua mente aveva cominciato a riflettere su ciò che aveva appena udito. Che cosa poteva mai volere il capo villaggio da lui di così importante da necessitare la presenza dei suoi collaboratori? Una nuova missione, forse?
Più ci pensava, più il bandolo della matassa sembrava diventare sempre più difficile da raggiungere; decise, perciò, di rimanere nell’ignoranza e attendere finché il mistero non gli fosse stato svelato dai diretti interessati.
Il ninja dalla giacca verde scuro sparì così come era venuto: in un nuvolo di polvere. Un attimo prima che se andasse, però, Takeshi credette di aver visto questi sorridergli. Perché mai avrebbe dovuto farlo? Non trovando risposta nemmeno a questo quesito, concluse che sicuramente se lo era immaginato.
Percorse così la strada che lo separava dal luogo prefissato con la solita tranquillità, noncurante - almeno per il momento - di che cosa lo stesse aspettando. Il villaggio era pieno di vita, quel giorno: molti stavano approfittando della bella giornata per giocare all’aria aperta o semplicemente per passeggiare godendosi il leggero caldo. Il ragazzo notò che la maggior parte delle persone era di buonumore: ciò voleva forse dire che gli abitanti del villaggio mutavano atteggiamento a seconda del clima? Questa strana considerazione lo fece sorridere e diffuse l’insolita felicità anche in lui.
Venne accolto calorosamente anche dal Kage, ma questo non era un segno dato dal cielo azzurro: infatti egli era sempre allegro. Takeshi si chiese come facesse, vista la feccia che girava nei territori da lui amministrati.
Tre persone si alzarono dalle rispettive sedie, collocate ad ambo i lati di quella del leader del Villaggio, non appena entrò nella stanza. Una coppia di anziani, dal viso rugoso e dai capelli bianchi come le poche nuvole che cavalcavano l’aria di quel dì, ed un jonin alto e possente, dallo sguardo truce. Non aveva mai incontrato costoro prima d’ora, dunque non sapeva che cosa aspettarsi. Rivolse comunque in loro direzione un breve inchino con la testa. Fu il Mizukage a prendere parola per primo:

Beh, Takeshi, ti starai ovviamente chiedendo perché ti ho convocato così d’improvviso. Non allarmarti, è una buona notizia: ti informo che sono appena stati indetti gli Esami di Selezione dei Chuunin e, come da tradizione, anche il Villaggio della Nebbia deve prendevi parte. Io ed i miei consiglieri abbiamo appena concluso una riunione, la quale aveva il preciso scopo di decidere chi dei nostri valorosi genin avrà l’onore di parteciparvi.


Dunque l’evento più importante del mondo shinobi stava per cominciare. Codesti esami si svolgevano periodicamente, sovente una volta l’anno, ed attiravano un’immensa folla di spettatori, soprattutto in occasione dell’ultima prova, la più importante: difatti era da questa che dipendeva, per la maggior parte, l’esito finale dei partecipanti.

Abbiamo preso in considerazione ognuno di voi ed abbiamo insieme convenuto che la persona più indicata a rappresentare Kiri sei tu, Fujiwara Takeshi.


Non comprese subito il significato di suddette parole, tanto gli suonarono strane. Il suo pensiero fu diretto ai suoi compagni di squadra, ai due che avevano studiato con lui Accademia, e a molti altri conterranei combattenti che non aveva mai incontrato. Indubbiamente dovevano pur esistere dei mostri invincibili in quanto ad abilità sul campo di battaglia. Ma la domanda che gli venne spontaneo chiedersi fu: perché tra tutti questi era stato scelto solo lui?

I-io?

Esattamente. Forse tu non ne sei al corrente, ma in quest’edizione i candidati sono notevolmente diminuiti. Ci è stato concesso di portare uno soltanto. Ne ignoriamo pure noi il motivo, comunque. Non capiamo perché, ad esempio, Oto non abbia nemmeno avuto questo “privilegio”, mentre a Konoha sia stata data carta bianca sul numero di iscrizioni possibili.

Molto probabilmente c’è sotto qualche intrigo politico. Tsk, i Konohani sono i soliti sbruffoni. Ma noi dimostreremo loro che devono iniziare a fare i conti anche con noi Kiresi!

Ad ogni modo, la ragione per cui la nostra scelta è ricaduta su di te, Takeshi, è che sei l’unico tra i nostri possibili aspiranti alla promozione a non essere mai stato sconfitto in battaglia.


Nulla di più vero: tra tutti i ninja che aveva sfidato fino a quel momento, mai nessuno era stato in grado di vincerlo. Sia Yahiko - shinobi sunese -, sia Hikaru - membro del suo stesso team -, gli avevano però dato del filo da torcere, questo doveva riconoscerglielo.
Sentire queste parole pronunciate dal capo in persona, comunque, lo rese fiero delle sue stesse capacità. Gli ci volle uno sforzo immenso per evitare che questa sensazione gli facesse montare la testa.

Mi sento molto onorato della fiducia che riponete in me e prometto che terrò alto l’onore del Kirigakure anche in terre lontane!


Si sentiva carico come non mai nell’essere il Prescelto. Nei minuti che seguirono trovò posto una lunga spiegazione riguardante il luogo, la data e le modalità con le quali si sarebbero tenute le selezioni, alla quale però non prestò particolare attenzione, occupato com’era ad immaginare sé stesso che tornava trionfante al Villaggio. L’unica cosa che riuscì a capire fu che essi si sarebbero tenuti, quest’anno, nel Paese dei Fiumi, più precisamente in un castello nella parte Sud-ovest della nazione. Esso era oltre la Foglia, quindi gli ci sarebbero voluti quattro, forse cinque giorni di viaggio. Calcolando che gli esami sarebbero iniziati entro una settimana, il tempo restante era davvero poco.
Venne congedato qualche decina di minuti più tardi. La prima ed unica cosa che volesse in quel momento fare era comunicare quella notizia ai suoi compagni. Si diresse perciò al Campo 5, nel quale erano soliti allenarsi insieme. Trovò gli altri due già intenti ad esercitarsi con la spada. Sua madre, ovvero la loro temporanea sensei, lo redarguì subito per il ritardo.

Scusatemi, ragazzi. È perché il Consiglio voleva vedermi. A proposito, vi devo riferire ciò che mi hanno detto poco fa.


Incuriositi, tutti e tre si avvicinarono.
Si domandò però se facesse la cosa giusta, a comunicare che lui avrebbe partecipato alle selezioni e loro no. Ma d’altronde, questa decisione non era stata presa da lui. Non c’era dunque nessun motivo di preoccuparsi inutilmente.

Sono stati indetti gli Esami Chuunin. Tra una settimana esatta inizierà la prima prova in quel di Kawa.
C’è purtroppo una brutta notizia, come per ogni cosa: quest’anno i partecipanti sono in numero limitato. A noi di Kiri, un solo candidato è stato concesso. E loro hanno scelto me per rappresentare il Villaggio.


Le due kunoichi rimasero letteralmente sbalordite. Yui dalla gioia lo abbracciò con tanta forza che quasi lo fece cadere. L’espressione del Kaguya, però, non fu affatto felice; se lo fu, comunque, la rabbia la soppresse.
Nella mano destra brandiva ancora la sua spada ossea. Non ci pensò su una seconda volta: si scagliò all’attacco contro Takeshi, il quale per fortuna se ne accorse in tempo. Estrasse la wakizashi da dietro la schiena ad una velocità incredibile e, con grande destrezza [Maestria in un Arma - Base], parò il colpo dell’amico. Incrociare le lame in quel modo gli fece ricordare i due combattimenti svolti con lui durante l’ultima missione: il primo si era concluso in pareggio, mentre nel secondo era emerso un vincitore, ovvero colui che ora era stato scelto come aspirante chuunin.

Perché?! Perché hanno scelto te?! Che cos’hai tu che io non ho?! I Kaguya sono notoriamente il clan più potente dell’intero Villaggio! Per quale motivo, quindi, io sono stato scartato?!


La sua foga si era trasmutata in forza, che ora egli imprimeva in quel duello all’arma bianca. Le sue pupille si erano rimpicciolite, e non per la luce. Era chiaramente uscito di senno.

E io che ne so? Non sono stato io a chiederlo, e tu lo sai benissimo! Non è colpa mia se il Consiglio ha scelto me, invece di un “potente Kaguya”! Vai a piagnucolare da loro, non venire a rompere me!


Le due donne, che fin’ora erano rimaste lì a fare da spettatori, ora intervennero per dividere i due che si guardavano in cagnesco, come se solo con gli occhi potessero disntegrare l’altro.

Sai cosa ti dico? Va’ pure agli Esami, spero che ti ammazzino!


Sarebbe un piacere non avere mai più a che fare con te, stronzo!


Entrambi si voltarono e se ne andarono dalle due uscite opposte dello spiazzo erboso che fungeva da campo d’allenamento. Nessuna delle due kunoichi tentò di fermarli: evidentemente avevano compreso anche loro che i ragazzi non volevano essere disturbati.

[...]


Due lune più tardi, il Fujiwara era pronto per partire. Si sentiva carico oltre l’immaginabile, ma anche estremamente ansioso: ostentava però la solita tranquillità. E come avrebbe potuto mostrare nervosismo di fronte a tutte quelle persone? Molti si erano radunati per vederlo partire alla volta del Paese dei Fiumi. Bambini ancora accademici, commercianti, normali cittadini e tanti shinobi: tra tutti costoro, ovviamente, vi era anche qualche genin. Qualcuno sorrideva e gli augurava buona fortuna da lontano, altri erano impassibili, altri ancora semplicemente lo fissavano. Dalla sua posizione, al centro della piazza, riusciva ad udire solo qualche frase:

- Lui è colui che ci rappresenterà agli esami Chuunin! -
- Fujiwara Takeshi, ecco il suo nome. -
- Dicono che non sia mai stato sconfitto. Sarà davvero così forte? -


Cercò tra gli spettatori, vide facce note ma anche molte ignote. In quel momento più che mai, si chiese che cosa sarebbe successo se fosse stato eliminato. Ipotesi tutt’altro che inverosimile, visto e considerato che nel mondo esistevano ninja potentissimi, che sicuramente avrebbero potuto sconfiggerlo in pochi minuti. Sarebbe ancora riuscito a guardare in faccia ogni singola persona che in quel momento riponeva in lui la propria fiducia se fosse tornato da sconfitto?
Una voce, che conosceva molto bene, lo distolse da quei pensieri oscuri. Si voltò e vide un angelo dai capelli biondi lunghi fino alle spalle che gli si avvicinava. Al collo portava il regalo di compleanno del suo fidanzato, estratto dalle roventi sabbie di Suna. Parlò a bassa voce, cosicchè nessun’altro potesse udirli.

Takeshi, come ti senti? Sei pronto?

Sono nervoso. Molto. Che succederebbe se perdessi? Se non riuscissi ad essere promosso?


La domanda gli era uscita da sola, praticamente. Non aveva intenzione di esprimere le proprie paure. Non di fronte a Yui. La risposta della ragazza, però, fu diversa da quella che si aspettava di sentire.

Fregatene. Tutta questa gente prima o poi se ne scorderà. Io invece ti amerò ugualmente sia se tu tornassi chuunin, sia se non ce lo facessi.


E lo baciò sulle labbra.

Falli a pezzi, tigre.

Contaci. Ti aspetto alle finali!


Tutta la sicurezza che ostentava in quel momento era in realtà fasulla. Non era affatto sicuro di passare. Ma non per questo non avrebbe lottato sino allo stremo delle forze.
Si voltò e oltrepassò la soglia del Villaggio, in direzione del mare.


Il viaggio alla volta di Kawa gli ricordò molto quello dell’ultima quest svolta da lui e dal suo team. Dapprima giunse sino alla costa, dove pagò un navigatore affinché potesse trasportarlo oltre oceano. Approdato nella Terra dl Fuoco proseguì costeggiando il mare, dato che era il percorso più breve possibile. Pur mantenendo un’andatura lenta, sentì che pian piano tutto l’equipaggiamento che si era portato dietro cominciava a pesare. Era però necessario armarsi in quel modo se non voleva essere sconfitto senza neanche combattere alla pari.
Ogni volta che il sole tramontava, il kirese si fermava per riposarsi in un luogo ogni notte differente: a volte si sdraiava nella soffice erba della foresta, altre affittava una stanza in qualche motel delle cittadine in cui si trovava. Riprendeva il suo lungo cammino qualche ora dopo l’alba.
Man mano che si avvicinava alla meta sentiva la tensione crescergli dentro, e una morsa gli stringeva sempre più lo stomaco. Tutte le sere si richiedeva se sarebbe almeno stato capace di sopravvivere. Era conscio di rischiare la vita: agli Esami si sarebbe combattuto seriamente.

[...]


Venne il tanto agognato momento. Eccolo, il castello che avrebbe funto da sede delle Selezioni: eretto in posizione strategica, su un altopiano, si stagliava con la sua maestosità sul paesaggio circostante, che pure era bello. Ora capiva perché quello era il luogo prescelto: praticamente era composto da qualsivoglia tipo di terreno. Venendo dal mare, Takeshi aveva di fronte valli e montagne; alla sua sinistra un deserto arido come quelli del Paese confinante; mentre alla sua destra una foresta tipica delle terre che aveva attraversato per giungere sin lì.
Si unì al resto degli shinobi in attesa davanti agli enormi portoni. Si guardò intorno: due soli erano i ninja di Suna - di cui uno di essi era Yahiko Senju, al quale rivolse un cenno con la testa -, mentre il resto dei candidati erano Fogliosi. Come gli era stato anticipato dal Consiglio, nessun altro partecipante di altri villaggi era presente.
Improvvisamente l’entrata si aprì dall’interno. Da dentro fuoriuscì un odore che fece storcere il naso a qualcuno: sembrava come se il maniero fosse stato disabitato per secoli. Non appena i suoi occhi si furono abituati alla differenza di luce, vide che la hall era tutt’altro che spoglia: una stanza immensa retta ai lati da colonne in pietra pregiata, i cui colori predominanti erano quelli dello sfarzo, ovvero oro ed argento. Ad attenderli vi erano una dozzina tra chuunin e jonin, i quali sicuramente sarebbero stati la giuria dell’Esame. La loro imparzialità era segnata dal fatto che nessuno di essi portava il simbolo dei tre Villaggi partecipanti. L’esaminatore capo li accolse calorosamente e diede loro il benvenuto. Subito dopo quel discorso, ordinò ai genin di disporsi in fila e attendere che venissero chiamati in ordine alfabetico a pescare un biglietto.
Takeshi fu il primo: si avvicinò piano al tavolo dove era posta un’urna nera come la pece. Il nebbioso infilò la mano nella cavità di quest’ultima e tastò al’interno. Prese un biglietto a caso e, srotolatolo, ne lesse il contenuto.

Ho il numero due.


Sorrise mentre ne fece il gesto con le dita, che anche soleva rappresentare vittoria. Era forse un segno del destino? Tornò comunque al suo posto e attese che gli altri finissero. Scoprì che il ninja chiamato Nara Kisuke aveva il suo medesimo numero e perciò erano destinati, come venne detto poco dopo, a far coppia insieme. Sembrava un tipo introverso e burbero, a primo acchito. Ma forse era solamente serio e concentrato per le dure prove che gli avrebbero sottoposto nei giorni a venire.
Vennero fatti posizionare l’uno accanto all’altro e il contrasto provocato dai loro mantelli - bianco quello del kirese, nero quello del konohano - stava a simboleggiare la differenza che c’era tra loro. Due ragazzi sconosciuti, con villaggi ed educazioni differenti, costretti a lottare l’uno affianco all’altro.
Alle spalle dei giudici, un monitor proiettava la formazione delle cinque squadre: vennero estratti a sorte i capigruppo, i quali furono di nuovo chiamati a pescare da un altro recipiente. Quando lo straniero ebbe aperto la pallina capitatagli tra le mani, il gruppo 2 divenne il “team azzurro”.
Un ninja dalla giacca verde si avvicinò ai due e disse di poggiare la propria mano sulla sua spalla. Fatto ciò, i due vennero teletrasportati in un altro luogo. Non si erano spostati di molto, comunque: si poteva ancora scorgere il castello in cima alla collinetta.
L’uomo spiegò loro che non appena egli fosse scomparso, sarebbe iniziata la prima prova. Essa si sarebbe svolta entro un limite massimo di mezz’ora, entro il quale avrebbero dovuto recuperare una Pergamena Istantanea azzurra.
I due compagni di team non si erano ancora nemmeno salutati, ma ci sarebbe stato più tempo per conoscersi una volta finito quel primo test.
Incrociò per la prima volta lo sguardo con quello del Nara. La sua voglia di cominciare era evidente e traspariva persino dagli occhi. Takeshi si sentiva ugualmente pronto a dare il massimo.
Il jonin effettuò la tecnica inversa e se ne andò, augurando buona fortuna ai due esaminandi.
E la prima prova cominciò.

Forza, Kisuke. Mettiamocela tutta.


¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬Grado: Genin
Energia: Gialla
Chakra: 100/100
Condizione Mentale: Concentrato
Condizione Fisica: Illeso

¬ Equipaggiamento Svelato ¬ Nessuno


 
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» • G i a c o ~
view post Posted on 6/11/2009, 21:06






Data: 6 Novembre
Ora: 12:00
Clima: Mite (25°C)
Condizioni Atmosferiche: Soleggiato,con qualche nuvola di passaggio

Obiettivo: Recuperare la Pergamena Istantanea (un Rotolo di medie dimensioni e di un determinato colore a seconda dell'ambiente che caratterizza la Prima Prova),evitando che si rompa o che finisca perduta,entro il limite di tempo prestabilito.

Descrizione Paesaggio:
Una bellissima scogliera che si affaccia sul mare dall'acqua talmente limpida e cristallina,luccicante ai riflessi del sole,da mostrare perfettamente il fondale marino ed i suoi abitanti. Non molto lontano dalla costa,un insieme di tre isole di piccole dimensioni occupano il territorio,disposte in linea retta; prima di esse,si intravede dalla spiaggia uno scoglio avente una forma che ricorda vagamente quella della sfera. Che nasconda qualcosa di particolare? E dove si trova la Pergamena di preciso? Tra l'azzurro del mare che si va a fondere con quello del cielo all'orizzonte,tra i versi dei gabbiani ed il piacevole rumore delle onde,i partecipanti dovranno risolvere i misteri di questo luogo affrontando le varie difficoltà,se vogliono riuscire a passare la prova ed accedere alla fase successiva.

Descrizione Percorso:
Partendo dalla spiaggia,che si raggiunge scendendo la scogliera dall’altopiano in cui si trova il Castello,vi verrà ordinato di esplorare immediatamente il misterioso scoglio che si trova a circa duecento metri dalla riva,mentre dista dalla prima delle tre isole intorno ai centocinquanta metri. Chiaramente,occorre che facciate uso di un perfetto controllo del chakra sotto le piante dei piedi,in quanto il grosso della vostra missione si baserà proprio sulla capacità di movimento sulla superficie dell’acqua. Osservando attentamente la superficie del masso dalle dimensioni enormi,scoprirete che su di esso è riprodotto fedelmente uno schema della struttura dell’arcipelago,pur con qualche particolare inaspettato: ogni isola sarebbe rappresentata da una piccola sfera incastonata nella roccia,che tuttavia sembra priva di questi oggetti ad eccezione di uno,nonché quello dell’atollo mediano. Passando la mano sulla superficie liscia e levigata,si potrà avvertire il contatto con una fonte di chakra sconosciuta,proveniente direttamente dall’interno dello scoglio: è lì che si trova la Pergamena. Dunque,non resterà che correre ad ispezionare le due isole,al fine di trovare queste piccole sfere dalle dimensioni poco più piccole del palmo di una mano. Il problema sarà rappresentato dal fatto che,apparentemente,esse non avranno nulla di particolare e saranno tutte del medesimo colore blu oltremare,nascoste chissà dove; tuttavia,un senso maggiormente sviluppato,come Udito od Olfatto,potrebbe percepire i due elementi che le caratterizzano: il rumore del mare ed il sapore di sale. Ignorate la prima isola e passate direttamente alla seconda,distante altri centocinquanta metri. Questa avrà una forma pressoché circolare,ed un diametro che si aggira attorno ai cento metri,ma il tratto più significativo che noterete all’istante sarà quello di essere interamente costituita da un terreno roccioso,completamente spoglio di vegetazione,come se fosse una parte di una montagna. Appena vi mettere piede,i vostri sensi inizieranno a percepire i tratti caratteristici delle piccole sfere,guidandovi verso il centro della terraferma,in cui un unico albero si staglierà in mezzo alla desolazione generale,come se,con le sue radici,si fosse nutrito di ogni cosa attorno a lui. E proprio tra le sue radici troverete la prima pallina,la quale,per essere tratta fuori,avrà bisogno di entrambi: l’uno deve cercare di spostare le radici (esse tenteranno di tornare al proprio posto e di trattenere la sfera),mentre l’altro deve strappare con forza l’oggetto. Fatelo,e sarete immediatamente vittime di un’illusione: i rami e le radici vi agguanteranno all’istante,sbattendovi contro il solido tronco dell’albero,intanto che le rocce circostanti si alzeranno velocemente a formare una gabbia a cupola,avente raggio di cinque metri ed origine esattamente dove si trova la pianta; dallo strato interno della cupola,la roccia inizierà a prendere la forma di spunzoni affilati,i quali convergeranno in maniera rettilinea verso di voi,allungandosi di dieci centimetri al secondo. Ogni tentativo di liberarsi dai rami con la forza sarà vano,tuttavia sarà possibile sciogliere il Genjutsu solo ed esclusivamente infliggendo una ferita almeno Media all'essere vivente più vicino a voi; dissolta l’illusione,scoprirete di trovarvi di fronte all’innocuo albero,con la sfera tra le mani,ma comunque all’interno della gabbia di roccia ed in serio pericolo a causa degli arpioni che da essa si stanno dirigendo verso voi. Dovrete distruggerla,prima che essa distrugga voi.

Edited by » • G i a c o ~ - 8/11/2009, 14:41
 
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† K y u b i »
view post Posted on 8/11/2009, 16:22





{ P r e l u d i o Dannazione, questo è il mio primo Preludio. Nel primo post me l’ero scordato, che vergogna amici miei. ç_ç Credo che darò colpa alla mia mancata premessa, se adesso il nostro team naviga così in basso nella classifica dell’esame chunin xD A parte gli scherzi, devo dire che mi sono davvero impegnato, ma davvero tanto, per la riuscita di questo post. Rispetto al primo, questo è di una categoria superiore, credo xD L’altro debbo dirlo, è stato il minimo sindacale da parte mia. Ammettiamolo, faceva un po’ pena rispetto a certi post fatti dei miei avversari che, dio Boia hanno scritto una cifra ò_ò xD Ora non devo divagare, torniamo al post qui rappresentato. ù.ù All’inizio pensavo di ricevere una prova meno problematica di questa, con qualcuno ne ho parlato giusto ieri sera, questo test non mi garbava affatto, ma aimè me lo sono preso senza fiatare e come punizione ora dovrete leggervi ogni mio delirio scritto qui sotto °^° xD Addio Ciòvani çòç
Post Scriptum: L’azione del Genju è un po’ incasinata, l’ho fatta di sera e il cervello non era del tutto collegato. xD





¬ Watch the rivers flow with blood, death will stand where life once stood.


image



† La Hall sotto i suoi piedi si era diradata, l’odore stantio si era dileguato dalle sue narici, quelle vetrate tinteggiate e i fumaioli di maiolica del castello, dissolti come se fossero fumo. L’oscurità lo circondava, il respiro alla sua bocca scarseggiava e più di ogni altra cosa, la terra insanguinata sotto i piedi ora più, non gli bastava. La bestia che covava all’interno del suo corpo urlava famelica, la sua preda era lì vicino.. presente, si, a pochi passi dalla sua spada, e il suo odore gli faceva perdere il senno, tanto era inebriante. La sua morte era sempre più vicina… Oh povera quella vittima che, a stento la bestia sentiva. Fauci rombanti, erano simili a lame affilate che tagliavano l’aria, come se pure quella fosse un suo nemico giurato, bizzarro. Il ventaglio rosso sangue era distante pochi passi da lui, lo sentiva nel petto e nelle viscere. Il suo flebile movimento alimentava il fuoco del mostro, e presto il portatore di quella oscura e nascosta personalità, a gran voce al popolo dirà: E’ giunta l’ora, è nostro. Strinse gli artigli attorno all’osso e alle sue carni, tra le dita sottili sentiva il tessuto del pover’uomo plasmato a sua misura, di certo, per lui doveva essere una tortura. Gli occhi di lui incrociarono quelli del vecchio, sapeva che tutto sarebbe finito presto e che lui l’avrebbe lasciato andare, o per meglio dire, questo è quello in cui il misero giudice doveva sperare. Lo sguardo torbido era offuscato da un leggero fumo bianco, il respiro era tornato, infilzando i suoi polmoni come una qualunque spada squarciava il nemico di netto. Era l’inizio di una caccia senza tregua ed esclusione di colpi. L’arma bianca nella sua mano sinistra ora pesava, la lama smussata, pulita con il sangue ancora adesso a stento brillava. Un sorriso, il suo viso si squarciò come non mai si era visto prima, e la punta della katana tagliò il pavimento sconosciuto sotto di lui. Conficcò l’acciaio brillante in profondità, sempre più giù, gli occhi erano ancora due braci ardenti di ira appena sbocciata, quella sua solita trasformazione adesso lo cambiava in qualcosa che non aveva un nome, un passato o un futuro. C’era solo il presente, e quella malvagità nel tempo nascosta in lui, ora lo stringeva a se, per farne uno spietato angelo della morte. Se voleva giungere a quella sua conclusione macchiata di rosso, non doveva lasciarsi coinvolgere con infinito trasporto. C’era però un qualcosa a cui il suo sensei un tempo spesso si riferiva, certo, era vero che a stento il Nara lo sentiva, ma non poteva dimenticare che quella sua abituale calma era la sua arma più potente. In quel momento di tensione pre Esame doveva farne buon uso se non voleva finire come in passato.. Umiliato e contuso. Aveva a stento udito quelle parole con poca attenzione, che quasi se le dimenticò in un quel baratro denominato: Mente. Ogni sua sensazione in quell’attimo si era persa per strada, il flashback dell’ANBU, alla sua testa veloce reiterava. Poco tempo passò da quel suo passato ricordo che, quasi attonito si rese conto di una cosa: Stava ancora guardando l’esaminatore come se volesse provocargli altro dolore. La mano sinistra, tutt’ora tremante, si era da poco staccata dalla sua spalla, ed adesso vibrava nel nulla, come se avesse una vita propria, laggiù.. verso la superficie piana. La vera paura non lo attanagliava più da anni ormai, dimenticata come un qualunque ricordo d’infanzia. Adesso con fare accusatorio dalla testa ai piedi, egli lo esaminava. Se non fosse stato per i vestiti così ufficiali, così curati nel dettaglio e con quello sguardo colmo di esperienza, lui, Nara, mai e poi mai l’avrebbe considerato un suo superiore. Figuriamoci poi.. Nemmeno quelli del suo villaggio natio: Chunin, Jonin o consiglieri che fossero… Si erano mai permessi di dargli un ordine che sia uno, almeno, non prima di aver usato un sotterfugio o ricatto come leva per obbligarlo ad abbassare la cresta. Da sotto il cappuccio nero, il volto cereo dello shinobi a stento si vedeva.. a parte quella gioia mortalmente ilare, che egli mostrava solo a colui che alla fine della prova, sempre con l’animo imparziale, l’avrebbe esaminato, accompagnandolo, forse, ad un'altra storica fase eliminatoria. Lui, che era il migliore di tutti non avrebbe tardato nel superare il test che l’esaminatore.. No, anzi, che l’intero mondo degli shinobi, gli aveva messo di fronte. Però, si sa bene cosa accostava il fato, in quelle significative circostanze. Ingiusto com’era, egli a tradimento gli aveva assegnato un povero sventurato che, con parole formali, prima di iniziare la prova, l’aveva pure incoraggiato. In principio non ci aveva fatto assai caso, di solito agli eunuchi non ci badava più di tanto. Egli era così diverso da lui e non solo caratterialmente, come il ninja all’inizio sospettava. Già da quel suo mantello chiaro, così in contrasto con quello suo, di un color nero carbone, era sconcertante. Fin dall’ora, partendo da una cosa così semplice e naturale, non gli piacque come compagno di squadra; se poi si contava le parole da pari a pari che aveva adoperato, egli rischiava la vita prima ancora di fare il primo passo in quella sua prova, già di per se sufficientemente pericolosa. L’unica cosa a cui il vile shinobi di Kirigakure doveva badare, era quella di portare a casa la sua sporca pellaccia, promosso o non promosso che sia. Visto che era stato destinato a comandarlo, di certo il kirese, non si poteva sottrarre a quel delicato compito, che tristezza fortuita vero?. Oh.. quel povero ragazzo, di cui Kisuke ancora non ricordava il nome di battesimo; forse iniziava con la T oppure con la S? Non se lo rammentava più. In quella prova d’esame, esso, doveva solo destinare la sua vita in quelle sue zanne affilate e sperare di sopravvivere alla fine del test. Se poi sarebbe stato redivivo, una volta tornata nel Kirigakure No Stato, avrebbe potuto raccontare di come il fato l’avesse aiutato a scamparla. E non ci riferiamo di certo all’esame, ma a Kisuke Nara, genin della foglia. Per questo, invece di collaborare come una vera squadra, egli doveva stare attento a solo quella piccola cosa, soprattutto se voleva rimanere vivo a lui, o alla verifica che stavano per sostenere… Un rumore simile ad un ronzio, gli passò nell’anticamera del cervello, ricollegandolo al discorso che stava facendo l’esaminatore. Fino a quel momento aveva spiegato come recuperare la pergamena e il tempo a disposizione del team per farlo. Insomma, una vera corsa contro il tempo. Egli finì il discorso e scomparve, nella stessa medesima azione con cui erano arrivati poco tempo prima dal castello di Kawa. Per la seconda volta nel giro di pochi attimi, un denso fumo bianco, simile all’obnubilazione della nebbia, lo investì. Tic Tac..L’orologio del tempo era decollato. Appena anche l’ultimo strato di esalazione candida si dissolse, Kisuke, seppe che il cronometro della prova era partito inesorabilmente all’indietro. Pensò febbrile. L’abilità che serviva ad un chunin per saper gestire un gruppo era quella di atterrire bene i suoi sottoposti, in modo tale che quest’ultimi capissero al volo chi comandava. Non c’era niente di peggio che vedere un capogruppo assoggettato dai suoi stessi uomini. Ma non lui. Egli era la promessa del clan Nara, e non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa da nessuno, soprattutto da shinobi stranieri, qual’era il suo compagno di squadra; se proprio così la si voleva chiamare quella cosa formata da due persone. Con un leggero e lineare spostamento verso destra si mise di fronte a lui, pronto a mettere subito in chiaro cosa e come doveva comportarsi il giovane della Nebbia durante quel poco tempo concessogli dagli esaminatori. Se il giovane aveva una dote nel suo palinsesto, quella era: Che si sapeva far ascoltare bene quando serviva. Fronteggiandolo in tutta la sua statura lo squadrò dall’alto al basso, e non solo in centimetri ma anche in peso d’esperienza accumulata. Due persone differenti, due pesi spirituali diversi. Da un lato: Una vita vissuta così a lungo, che non si poteva comparare, ne ora ne mai. Dall’altra c’era solo la caparbietà mista alla stoltezza della gioventù. Tra lui e il natio dell’Acqua c’era un livello insormontabile che, nemmeno con mille anni di sforzi, il kirano avrebbe potuto raggiungere. Non c’era possibilità di paragone tra loro due e questo bastava per fare la voce grossa. Non serviva manco mettere in ballo il talento sopraffino dei jutsu che egli possedeva rispetto al bambino delle nebbie. Sarebbe basto un niente per togliergli quella vita così preziosa a lui e alla sua famiglia. L’istinto omicida, che il genin dalla lunga coda provava in quegl’attimi, era frenato dal solo pensiero di venir escluso dalla fase eliminatoria per l’assassinio del suo “compagno”. Se ci fosse stato un Poi, e di questo Kisuke non ne era molto convinto, egli, l’avrebbe trapassato a morte facendolo sprofondare in un lago di sangue. Il silenzio perdurava da un po’. Kisuke, con il solito comportamento freddo che lo caratterizzava, teneva fissi gli occhi foschi e privi di sentimento sul proprio “compagno di team”. Parlò con voce rauca, come se la bestia avesse stretto a se, pure le corde vocali dello shinobi ombroso.

‡ Ho solo una regola kirano. Tu esegui tutto quello che ti dico e vedrai che riuscirai a sopravvivere a questa ardua prova. Dissenti ai miei ordini e vedrai che non tornerai a casa vivo. Non mi interessa quello che vuoi, quello che pensi e così via dicendo. L’unica cosa che dobbiamo fare è una prova ben recitata. Coopereremo al meglio per passare l’esame, il tempo scorre.

† Si fermò per riprendere fiato un attimo. Le braccia erano conserte al petto formando una X, in una di queste, più precisamente quella di destra, si poteva vedere ancora la mano che vibrava frenetica, nel mentre, la sua katana era ancora ancorata al terreno ed oscillava leggermente a causa del vento. Poteva esser sembrato un po’ truce, ma non erano lì per fare amicizia con lo straniero. Lui era il capo gruppo e l’altro era il suo sottoposto a cui doveva dare gli ordini, niente di più. Se capitava qualcosa fuori posto ci andava di mezzo lui in prima persona, in quanto quella non era una vera e propria sfida individuale ma una pietra fondamentale che doveva caratterizzare i chunin come capigruppo. Comunque, dovevano dimostrare di saper fare qualcosa assieme, il passare la prova non gli avrebbe promossi automaticamente al livello successivo, ci voleva qualcosa in più che il solo impegno dei singoli per ottenere quel fantasmagorico grado. In ogni modo, se fosse riuscito a passare quel primo intralcio, messogli davanti al naso come un muro invisibile, giù al villaggio, qualcuno avrebbe iniziato a riconoscere quel valore che sempre, prima di ogni altro shinobi della foglia, era chiamato Uchiha. Tutta Konoha sembrava girare attorno a quei personaggi a lui sgraditi. Sfortunatamente, erano come conigli ed gli trovava, aimè.. da per tutto. Pure in quella sua seconda selezione Chunin non erano mancati di apparire, come sempre, comportandosi da prime donne qual’erano. Or ora, prima che giunga la fine, ad uno di loro avrebbe strappato gli occhi rossi dal viso trapassato. Un trofeo macabro, il quale poteva flemmaticamente considerarsi pari alla sua nomina Chunin. Con la mano sinistra il manipolatore d’ombra riprese in mano la katana, inspirò profondamente e parlò un ultima volta...

‡ Non ho altro da dirti o aggiungere al discorso di prima, spero sia tutto chiaro. L’unica cosa che voglio sentire da te è un “Si ho capito”. Per quanto riguarda la tecniche, spero che tu sia abbastanza maturo da leggere la situazione prima di fare qualsiasi azione avventata. Ora andiamo, prima che faccia sera.

† Gelido e con poche parole in corpo, quello era il vero Kisuke Nara, shinobi del Konohagakure No Sato, primogenito del capostipite del Clan Nara. Nessuna inadeguatezza veniva rappresentata su quel volto, le sue iridi ardenti osservavano quella sagoma che si stava innalzando davanti a lui, non aveva più nulla da dirgli, era chiaro come il sole che il discorso era concluso e che non serviva una sua pronta risposta. Adesso erano solo loro due e nessun’altro in quella landa desolata chiamata Kawa No Kuni. Gli altri aspiranti chunin chissà dov’erano finiti. Attualmente, si poteva tranquillamente dire che si iniziava a fare sul serio. Non aveva dato disposizione su formazioni d’attacco o difesa, che avrebbero dovuto utilizzare man mano con il proseguimento della prova, pazienza. Dopotutto erano sono due personaggi smarriti da qualche parte, senza nessun’altro a parte l’esaminatore che a distanza gli controllava. L’unica cosa che si poteva vedere in lontananza era il castello da cui erano partiti prima dell’inizio del test. Tutto era tetro intorno a loro, o almeno quella era la visione che il Nara aveva del paesaggio attorno a lui. Fece un passo a sinistra lasciandosi il genin delle nebbie dietro le spalle, se voleva dare il meglio di se, per prima cosa, doveva osservare attentamente la zona che lo circondava. Se doveva elaborare una strategia vincente, doveva strutturarla in modo tale da poter usufruire di qualsiasi cosa potesse capitargli a tiro: Rocce, piante o animali che fossero stati presenti in quel momento. Per la prima volta si guardò attorno, scrutando in ogni dettaglio la natura del luogo. Con le iridi nere come la pece vide ciò che lo circondava. Erano su una scogliera con delle sporgenze simili a fiordi, che frastagliando l’intera costa, si allungavano per parecchi kilometri, fino a scomparire all’orizzonte. Il sole gli batteva forte sul cappuccio, ora come ora non aveva senso tenerlo su, rischiava di liquefarsi le cervella se avesse tergiversato anche solo di un attimo sotto quel sole cocente. Il paesaggio non era quello si aspettava, sembrava di essere in vacanza invece che in una prova d’esame. Con la katana in mano, iniziò a scendere un tortuoso e pericoloso sentiero che l’avrebbe portato sulla parte inferiore dell’altopiano. Tra scricchiolii di sassolini spostati, e fili d’erba strappati dalle madre terra, il ragazzo, in poco tempo raggiunse la spiaggia sottostante alla scogliera. Nel toccare il terreno sabbioso sentì scorrere il suo sangue più velocemente, il caldo proveniente dal basso lo si sentiva anche senza il sole di mezzo. Ad ogni passo, in quel ammasso di dune, si sprofondava sempre di qualche centimetro e i granellini caldi scivolavano dentro i suoi calzari, fastidiosi quanto le scottature sulla schiena per via del sole. Se c’erano dei maldisposti situati là, nelle vicinanze delle battigia, questi si nascondevano molto bene. Kisuke, con in mano sempre la katana dalla lama lucente, osservava.. Esaminava ogni centimetro di quella baia, ma niente e nessuno pareva esser in disaccordo con quella natura pacifica. Strano ma vero. Sperava in trovare qualcosa di interessante in quella sua marcia verso lo scoglio al centro del golfo. Ben presto tastò con i piedi la nuda e bagnata sabbia pre mare. Il scoglio che dovevano analizzare, distava da loro parecchie,centinaia di metri. Come poterlo raggiungere senza essere un bersaglio facile? Imbarcazioni non c’erano e anche se il mare giaceva tranquillo davanti ai suoi occhi, Kisuke, non poteva essere certo che sotto quelle barriere coralline il nemico non stesse attendendo il loro passaggio, pronto a colpire. Pur essendo un azione rischiosa dovevano comunque uscire all’scoperto, alla luce del sole, pronti a difendersi da attacchi improvvisi. Non c’era altro modo per passare in quel liquido trasparente. La via migliore per raggiungere l’abnorme faraglione era quella di procedere sul manto acquatico. Si, non c’erano fraintendimenti nelle sue azioni.. Non dentro o a cavallo della superficie, no, il ragazzo intendeva passarci proprio sopra. Come detto prima, era troppo rischio tentare un’attraversata a nuoto. Il tempo di reazione dagli attacchi nemici era praticamente nullo, per non contare la fatica che si sarebbe accumulata con l’ammontare dei metri. Quella era la loro unica carta, l’unica scelta per procedere nella prova. Scartate tutte le opzioni, il ragazzo della foglia rinfoderò la spada un po’ deluso dallo scarso movimento riservatogli dagli esaminatori dei chunin.. dov’era la battaglia, dov’era il sangue e i rumori metallici delle armi che cozzavano fra loro? Dov’erano, dove? Delusione a parte, il Nara, rimessa la lama sulla propria schiena, con l’altra mano dalla sacca porta armi ne estrasse un kunai. Un’arma notevolmente più piccola rispetto a quella precedente, ma comunque letale. Lo portò alla bocca con la mano destra, che in tanto aveva trovato la pace ed ora era molto più versatile, poi indirizzò entrambe le mani a formare il sigillo della capra (O-hitsuji) per richiamare il chakra. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo. Non erano passati molto anni da quanto il suo sensei gli aveva chiesto quello stesso esercizio. L’unica cosa che ricordava, rivendendo le nitide immagini del suo passato, era il dolore e la stanchezza unite, nel scalare uno dopo l’altro i tronchi di quei maledetti alberi. Per quanto fosse stato faticoso quell’esercizio accademico, alla fine aveva imparato a controllare alla perfezione il chakra. Sebbene fosse un po’ diverso per via dell’acqua che era stata messa al posto di quei pini muschiati, tutto sembrava essersi fermato a quel giorno nefasto, quello era stato l’inizio della sua carriera ninja. Come se quello non fosse bastato, più avanti, quando era già stato promosso a genin, gli venne chiesto di imparare il controllo dell’energia spirituale una seconda volta. Fu quando stava cercando di apprendere l’innata del suo clan che i suoi ricordi si fermarono un’altra volta. Il suo sensei, che era sempre lo stesso del K-5, gli aveva ordinato di convogliare il tutto alla base dei pieni per poi poter controllare l’andamento dell’ombra. Anche se era una cosa differente, il principio alla fine era lo stesso, doveva solo ricordare i vecchi insegnamenti. Chiuse gli occhi, stringe i denti sul freddo metallo, scacciò ogni rumore molesto dalla sua testa, ed ora sentì il lento fluire della sua energia spirituale all’interno del suo corpo. Aveva chiuso la mente in quell’unica azione. Il genin di Kirigakure, le onde, i cinguettare dei gabbiani, il vento che spostava le nuvole, la spiaggia sabbiosa sotto i suoi piedi, tutte queste cose erano scomparse dalla testa del Nara. Un intenso colore blu circondò la sua mente perlacea. Il vigore lo sentiva fluire in ogni parte del corpo. Con un leggero spostamento in avanti, Kisuke mise il piede sinistro sul manto d’acqua pronto a testare se aveva fatto tutto bene. Il risultato che ne seguì fu buono. Sentiva il chakra nel piede mancino mentre galleggiava sul mare di Kawa, come primo passo non era stato niente male davvero. Prima di fare il secondo, confluì nello stesso modo l’energia spirituale nel piede destro, in modo di avere la stessa quantità già versata in quello sinistro. Lentamente equilibrò i due pesi spirituali, cercando di bilanciarli al meglio. Aprì gli occhi e vide i propri piedi stare in bilico sullo strato di H2O. Abituatosi poco alla volta continuò la sua attraversata verso la meta. Fece pochi passi quando si girò verso il suo compagno facendoli segno di imitarlo. Ritornando al percorso, la bestia nera della foglia riprese a camminare, ora, con più facilità rispetto all’inizio, man mano che camminava si abituava alla corrente e all’energia rilasciata per restare in bilico sulla superficie del mare. Tolto il kunai dalla bocca lo guardò luccicare sotto la luce del sole per un secondo. Peccato che non ci fosse anche un banco di prova dove potesse battersi contro qualcuno, sarebbe stato interessante sfidare uno shinobi in quella distesa d’acqua.. Sorrise beffardo, i metri si accorciavano e a stento sentiva la stanchezza scivolargli via da sotto i piedi. Ogni tanto si concedeva un sospiro o un sbadiglio. Tra le dita si rigirava il pugnale malinconicamente. Dai duecento metri iniziali, la distanza si assottigliò velocemente e ben presto il codino nero della foglia si trovò d’innanzi al masso gigantesco che dovevano esaminare. La nuda roccia sembrava quasi sempre liscia, solo in poche zone era frastagliata. Sebbene da lontano sembrasse solo un cumulo di pietra, osservandolo da vicino c’era un qualcosa che risaltava all’occhio. Quelli che all’inizio parevano solo rientranze fatte da madre natura, una volta vicino si poteva notare che quegli strani simboli erano un qualcosa di più che semplici insenature. Salito sulla superficie rocciosa, ai piedi del ragazzo, si poteva chiaramente vedere un effige scalpellata nella parete. Incredibile, era la parola giusta per quella determinata occasione. A pochi centimetri dalla sua faccia c’era una piantina. Essa raffigurava fedelmente l’arcipelago che si estendeva di fronte a se a qualche centinaio di metri. Cercò di imprimere bene nella memoria ogni metro quadrato di quella estensione, perché.. diamocela tutta, non era proprio quello che si diceva una “mappa tascabile”. Il ragazzo si inginocchiò, c’era un qualcosa che l’aveva attratto in quelle isole. Ogni circonferenza assomigliava ad un ingresso, e la sfera doveva essere la chiave per aprire un qualcosa, forse lo stesso scoglio sotto di loro. Contò tre accessi, collegò questi ultimi alle tre isole poste davanti a se e si pose una domanda:

≈ Cos’è quella cosa che noi andiamo cercando?


† Pensò. Sapeva che la prova era strutturata in modo tale da ritrovare la pergamena. Non ci volle molto per capire cosa stava sotto i loro piedi. Toccando con la mano sinistra la superficie, si poteva sentire una sensazione inconsueta. Non era sicuro al cento percento, ma le possibilità che sotto quel accumulo di pietra ci fosse il loro attestato, erano molto alte. Quindi, tra i tre perimetri, quelli a cui mancavano la sfera erano solo due. C’erano dunque due isole da ispezionare, le quali, nascondevano da qualche parte le famose palline che gli avrebbero permesso di raggiungere la sacra carta e di conseguenza concludere la prova. Quanto tempo era passato? Forse più di quello che pensava, o sperava. Dovevano darsi una mossa a concludere la prima prova dell’esame chunin. Era chiaro che dovevano ritrovare due sfere su quelle tre isole dinnanzi a loro, ma come facevano a trovarle? Anche se erano a una distanza eccessiva, si potevano vedere tutte e tre le isole dell’arcipelago. Quale scegliere? Tra le tre, la più strana era quella nel mezzo. Non sembrava manco un isola, era più simile ad un atollo fatto solo di roccia.. A parte quell’arbusto sinistro che si ergeva verso il cielo tra le rocce, troppo strano. Se voleva iniziare da una delle tre quella era sicuramente la prima. Per avere una maggior sicurezza nelle vene, Kisuke, attivò una sua abilità ninja. Potenziando l’udito poteva percepire rumori ad una distanza maggiore rispetto all’altro genin, che, come sembrava non aveva nessuna abilità decente da mostrare al foglioso. Il suo campo uditivo si allungò di parecchi metri, se ci fosse stato un nemico in avvicinamento, l’avrebbe sicuramente sentito. Si voltò verso il suo compagno di squadra per metterlo al corrente di quello che stava per fare.

‡ Hai visto no? Dobbiamo cercare due sfere per poter completare questo disegno. Non ne sono del tutto sicuro, ma forse qua sotto c’è la nostra pergamena. Ho deciso di partire esaminando l’isola centrale, è la più strana tra le tre. Forse troveremo qualcosa, oh almeno spero.


† D
isse Kisuke quasi annoiato. Se ci fosse stato almeno un nemico; la situazione sarebbe stata decisamente più interessante. Peccato che l’unica persona presente pronta a subire le ire dell’accoltellatore era solo il suo compagno di squadra, e sfortunatamente, lui non era contemplato nella lista, non ancora almeno. Sperando in un occasione migliore, il Nara, si spostò nuovamente sul manto acquatico. Scrocchiò la schiena preparandosi a partire, e questa volta sarebbe stata un andatura più veloce rispetto a quella di prima. All’inizio tese il braccio sinistro leggermente all’infuori, il kunai brillava sotto la luce del sole, era pronto ad utilizzarlo se fosse stato necessario. Chissà se avesse avuto l’occasione di esser adoperato prima della fine?.La fame stava diventano sempre più incontrollabile. Saltava qua e là procedendo spedito in direzione della seconda isola. Veloce come un fulmine raggiunse in poco tempo la prima isola. Passandogli accanto gli buttò giusto un’occhiata. Meticoloso com’era, voleva essere sicuro che da un momento all’altro non potesse spuntare un nemico pronto a colpirli. Ma niente da fare, non si vide manco l’ombra di un oppositore pronto all’azione. Lasciatosi alle spalle la prima oasi, la seconda, senza troppa fatica, venne presto agguantata dal team due. Vista da vicino, a parere dello shinobi, non si poteva considerare nemmeno un atollo. Sembrava solo un cumulo di pietra sparsa in un unico punto. L’unica cosa interessante era l’albero al centro di essa. L’ombroso sentenziò che quella strana flora possedesse una qualche strana vita in se. Un cosa che non si poteva trovare da nessun’altra parte in quel lasso di roccia. Appena toccò la fredda parete, sentì un qualcosa percuoterlo all’interno del corpo. Qualcosa non tornava. Sentiva come un richiamo simile ad un flusso proveniente dal centro della montagna rocciosa. Con l’udito ancora al massimo sentì qualche cosa al epicentro di essa, un rumore molto simile a quello del mare. Attratto da quella cosa sinistra, si avvicinò pian piano al centro dell’isolotto, facendo sempre attenzione a tutto quello che lo circondava. In poco tempo si trovò ai piedi dell’albero. Le sue radici erano attaccati al terreno con infinita ferocia, come se quella pianta fosse più un parassita invece che un classico vegetale. Sapeva che era la vicino. La risposta ai suoi problemi si trovava là. Forse risiedeva sotto terra oppure sopra ad ciascheduno di quei rami sottili.. Oh magari, no, non poteva credere alle sue fosche pupille. La vide chiaramente, era di un colore blu mare e brillava di una luce propria anche se giaceva sotto, all’ombra del sinistro albero. Girandosi verso il compagno, gli fece segno di avvicinarsi alla radice senza dire una parola, come se temesse l’albero e le sue invisibili orecchie. Fino a quel momento sembrava tutto facile, ad ogni secondo poteva succedere l’irreparabile, dovevano stare attenti ad ogni dettaglio. Facendo segni con la mano destra gli indicò di alzare le radici mentre lui avrebbe allungato il braccio dentro le fauci della pianta, pronto ad estrarre la sfera dal colore cobalto. Appena il kirano alzò gli arbusti, il manipolatore delle ombre, semi inginocchiato, allungò il braccio destro fino a raggiungere la sfera. Ci volle parecchia forza, molta di più, rispetto a quella che Nara all’inizio aveva ipotizzato. Ma alla fine, però, tutto sembrava esser andato per il verso giusto.. o almeno questo sembrava all’inizio. Ben presto l’ombroso tornò indietro sui i suoi passi e si ricredette. Preso per il bacino da un qualcosa di ligneo, si sentì alzato dal terreno come se fosse un pupazzo fatto di pezza. L’albero si era mosso e l’aveva agganciato per bene proprio come una tenaglia agganciava la sua preda. Più cercava di liberarsi da quella morsa usando la forza e più si sentiva strozzare le interiora. Di li a poco gliele avrebbero fatto esplodere all’interno del suo corpo per quanto forte era la pressione utilizzata dalla pianta. Ci voleva calma e sangue freddo, tutto quello non poteva essere reale. Non poteva esistere una tecnica che controllasse la flora, e se anche fosse stato così, quella era la prima volta che Kisuke la vedeva in prima persona, non c’erano contromosse a meno che...il Katon no Jutsu potesse allontanare i rami. Sebbene non volesse credere a quell’ipotesi costruita su un castello di carte, il ninja, aveva pensato ad un’altra cosa, decisamente più plausibile e meno controversa rispetto alla precedente. Non era la prima volta che si trovava faccia a faccia con un arte illusoria e se quella veramente lo era, non c’era molto da fare o da dire. L’ombroso, sfortunatamente, non conosceva la tecnica adeguata per respingerla. Però, sapeva un po’ di teoria. Era venuto a conoscenza che c’erano altre due vie per poter rimuovere le arti illusorie: La prima era che un esterno immettesse il proprio chakra all’interno del corpo sottoposto all’illusione per poter fermare il flusso agitato dell’energia spirituale. La seconda invece, che era la più infausta, richiedeva di provocarsi una ferita abbastanza forte da reprimere l’illusione tramite il dolore. Sfortunatamente, il suo compagno era stato anch’egli vittima dell’illusione dell’albero, e sballottato su e giù, si trovava nella sua identica situazione, davvero una crudele “realtà”. Ancora una volta il kirano si era reso inutile per il proseguo della prova. A quanto pareva doveva fare tutto lui.

≈ Che Idiota.



≈ Q
ui ci vuole calma, è ovvio che questo non può essere vero, devo interrompere il Genjutsu.



† Non poteva attendere un secondo di più. Con il kunai ancora in mano, ormai doveva rischiare il tutto per tutto. Erano troppo vulnerabili in quel momento, se un nemico in quel batter d'occhio si fosse avvicinato per colpire sarebbe stata la fine. Per quanto dolorosa fosse Kisuke utilizzò la seconda opzione. Appena fu vicino al kirano, con l’arma bianca tagliò uno strato di carne preso dal suo braccio sinistro. Il dolore avrebbe liberato il suo compagno di squadra dall’illusione e in quel lasso di tempo, egli avrebbe fatto lo stesso con lu. Ben presto i suoi spostamenti si fecero più foschi, quasi fossero disturbati da un qualcosa. Un dolore lancinante lo investì. Chiuse gli occhi con l’ultima immagine dell’albero che lo martoriava, poi gli riaprì. La zona era tornata alla normalità, tra le mani teneva stretta la sfera cobalto, era fatta. Ora dovevano trovare l’ultima pallina e il mistero celato sotto lo scoglio sarebbe stato finalmente svelato. Alzandosi da quel terreno cosparso di pietre il ragazzo della foglia non ebbe il tempo di gioire per il risultato appena ottenuto. Aveva appena sospirato per lo sforzo che subito rimase annichilito alla scena attuatasi davanti ai suoi occhi. Già all’inizio sapeva, che c’era qualcosa di strano in quell’isola fatta solo di rocce, però quella cupola creatasi davanti a lui con enorme velocità, non gli sarebbe mai venuta in mente di vedere. A poco a poco le pareti si stavano chiudendo attorno a loro formando una gabbia di roccia. Con il kunai ancora grondante di sangue nella mano, non attese un attimo di più. Si era rotto di restare fermo a subire danni inutili senza fare niente per impedirlo. Pensò velocemente. Quelle che si stavano avvicinando erano solo comuni pareti di roccia, un normale sbalzo termico sarebbe bastato a farle sgretolare. Guardò il compagno di squadra. Lui era di Kirigakure, c’era una possibilità sicuramente, che conoscesse una tecnica abbastanza forte da poter congelare una qualsiasi parte di quella parete animata. Prima di fare ciò, Kisuke, doveva avvicinarsi di più, almeno sarebbe stato più sicuro che il calore da lui prodotto avrebbe investito lo stesso punto senza prima disperdersi nell’atmosfera. Fece rapidi passi verso le pareti acuminate della gabbia. Si fermò a meno di tre metri da esse e iniziò a convogliare il chakra per l’arte magica più potente che avesse mai imparato. Il Katon No Jutsu. Compose i cinque sigilli che contraddistinguevano la tecnica della palla di fuoco suprema. Cercò di fare tutto alla svelta, ma sapeva che ci sarebbe voluto un po’ tempo per raccogliere le energie necessarie per lanciarla. Sentii scorrere dentro di se un’ondata di energia, capì di essere pronto ad eseguire il jutsu. Dalla sua bocca spuntò un fascio di luce abbagliante. Poco dopo, assunse l’aspetto di una sfera di fuoco e fiamme. Niente e nessuno stava deviando la sua corsa, almeno fino a quel momento. Non indugiò molto, si volto verso il compagno e gli ordinò qualcosa…

‡ Appena sarà colpita, usa un jutsu per congelare o comunque raffreddare la parete. Essendo una comune pietra, il salto termico elevato dovrebbe sgretolarla, poi passeremo attraverso il buco che creerò con una carta bomba

† Da capitano qual’era aveva dato un semplice ed efficace ordine al suo “compagno di team”. Appena egli avesse creato la tecnica e subito dopo l’avrebbe lanciata; sempre stando dietro la sua palla di fuoco, il Nara, con un kunai/ più carta bomba attaccata al manico avrebbe concluso l’azione offensiva del suo gruppo azzurro. Tutto quello, di li a pochi secondi, sarebbe stato pronto a distruggere la parete di pietra, o per meglio dire, l’avrebbe sfregiata giusto quel poco per poter scappare indisturbati prima che la cupola si allacciasse a loro uccidendoli. Finalmente era stato accontentato, l’azione, la voglia di combattere e di mettersi in gioco giungeva come l’acqua arrivava a dissetare l’uomo agonizzante. Anche se non sentiva il rumore del sangue scorrergli fra le mani, alla fine aveva avuto il suo antipasto. La bestia gioiva e urlava, ancora non si saziava e il povero uomo dal suo interno, ella lo divorava.




{ J u t s u
Palla di Fuoco Suprema - Katon:Goukakyuu no Jutsu
Posizioni Magiche: Serpente, Tigre, Cinghiale, Cavallo, Tigre
Villaggio: Foglia
Descrizione: Questa arte magica è la base per quasi tutte le tecniche di fuoco del villaggio della foglia. Impastando una discreta quantità di chakra nella bocca, è possibile emettere un getto di fiamme che arriva anche a sei metri dall'utilizzatore, e raggiunge una larghezza non inferiore ai tre. Chi è colpito da questo jutsu riporta ustioni medio-gravi su tutte le parti interessate. All'inizio il difetto di questa tecnica è che ci vuole molto tempo per impastare il chakra da utilizzare e che il ninja deve rimanere fermo mentre la esegue, ma dal grado di chunin in poi questa carenza viene a cadere, compensata dall'esperienza dello shinobi.
Tipo: Ninjutsu
(Livello: 4 / Consumo: Medio)






S t a t u s

Generalità ~
Nome: Kisuke Nara
Villaggio: Konohagakure
Grado: Genin
Energia: Rossa

Chakra: 275/300
Condizione Mentale: Non pervenuta
Condizione Fisica:
Ferita Medie:
I° Sulla gamba sinistra

Consumi:
† Chakra Adesivo [5]
† Palla di Fuoco Suprema - Katon:Goukakyuu no Jutsu [20]


Slot Azioni:
1/3: Lancio d'armi
2/3:
3/3:
Slot Tecniche:
1/2: Palla di Fuoco Suprema - Katon:Goukakyuu no Jutsu
2/2:

Armi svelate:
Katana {2/2}
Shuriken {5/5}
Kunai {19/20} - 1
Carta Bomba {6/7} - 1

OT: Blah..
 
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xyz10
view post Posted on 10/11/2009, 17:02




¬ Legenda ¬ Narrato
Parlato
Pensato


¬ Cooperation: Hot 'N Cold ¬ La scelta di chiamare il suo compagno per nome, nella frase detta qualche secondo prima, non era stata casuale. Aveva pensato che così facendo avrebbe potuto immediatamente entrare in confidenza con Kisuke e cominciare a lavorare in squadra. Già, era proprio questa la parola magica di queste Selezioni: “squadra”. Bisognava dimostrare alla giuria di esperti shinobi - i quali senz’ombra di dubbio li tenevano d’occhio pure in questo stesso istante, anche se apparentemente non v’era nessuno nel raggio di qualche chilometro - che gli aspiranti chuunin sapevano collaborare. La parte difficile, però, non era affatto quella sopraelencata, bensì era data dal fatto che i partecipanti che si trovavano involontariamente a doversi aiutare l’un l’altro spesso provenivano da Paesi differenti. Proprio come era capitato a Takeshi, il quale si era trovato a dover far coppia con un Konohano. Non aveva mai provato simpatia per quel villaggio, né per la sua forza militare. Sbruffoni oltre ogni limite, si atteggiavano da grandi ninja quando in realtà erano tutt’altro, così si diceva. Codardi ed incapaci, ecco le due parole migliori che potessero descriverli. Tutta la sicurezza, la forza, il carisma che dimostravano era apparente. Il kirese aveva potuto constatarlo con i suoi occhi, quando quella volta accettò la sfida che un foglioso giunto nelle sue Terre gli propose. Era più che sicuro delle sue capacità, certo di poterlo eliminare facilmente. Aveva dovuto ricredersi: il ragazzo, che a quel tempo era solo uno studente, aveva sconfitto lo straniero in una manciata di minuti. Una tecnica era bastata per metterlo in ginocchio: quella della Nebbia. Immobilizzatolo, gli aveva trafitto lo stomaco con un kunai, fino a quando non si era sentito soddisfatto della lezione che gli aveva impresso. Si era rivelato un buono a nulla quello shinobi, neppure capace di scalfirlo una sola volta. Da quel giorno, era iniziata la striscia di vittorie del Fujiwara, il quale era tuttora rimasto invitto.

La mezz’ora a disposizione del Team 2 era iniziata non appena il jonin era scomparso. Pochi attimi da allora erano passati, e il Nara si era subito voltato verso di lui e, comportandosi da vero foglioso, aveva proferito quelle che alle sue orecchie erano sembrate inutili tentativi di primeggiare sul compagno. Aveva assunto una posa che risaltava ancor maggiormente il suo fare truce: le braccia erano conserte, la testa leggermente piegata su un lato, gli occhi neri più di qualunque cosa avesse mai visto lo scrutavano, tentando di intimorirlo. La katana era stata da lui piantata nel duro terreno poco prima, come a dire “Non ho bisogno di essa per distruggerti”. Ma anche il kirese partecipò al gioco delle provocazioni, più o meno esplicite. Fissò l’altro genin direttamente nelle pupille scure, poi iniziò anch’egli a parlare.

Tsk, voi konohani siete tutti uguali. Ho già avuto a che fare con gente come te. Non sono nemmeno durati cinque minuti contro la mia forza. “Il potente clan Hyuga” diceva, e poi ha dovuto soccombere miseramente. Ma non importa di quale clan siate, un’unica caratteristica vi accomuna: la spavalderia. L’unica arma in vostro possesso sono le parole: tentate d’incutere timore sugli altri, ma con me ti assicuro che stai solo sprecando tempo. Vediamo se sei capace di farmi ricredere, Nara.
E comunque io seguirò i tuoi ordini perché miro al tuo stesso fine, e cioè la buona riuscita della prova, non di certo perché mi sento inferiore a te. Stampatelo bene in testa.


Frasi gelide almeno quanto quelle ricevute furono quelle che uscirono dalla bocca del nebbioso. Non voleva una rissa contro quella persona che osava definirsi suo superiore, ma non perché ne temeva la forza. Semplicemente perché, come disse anch’egli poco dopo, il tempo scorreva inesorabile. Nessuno avrebbe reso loro il tempo perso in chiacchiere inutili, perciò era futile sprecarlo. Parve capirlo anche Kisuke, difatti si voltò senz’una parola di più. Nemmeno Takeshi gli rispose: aveva detto ciò che era sufficiente. Un silenzio quasi innaturale cadde perciò sui due partecipanti all’Esame, in concordanza con l’inabitato ambiente circostante. Quando colui che si faceva chiamare capogruppo si voltò, si fermò ad ammirare il paesaggio. Di certo, comunque, non ne stava ammirando le bellezze: molto probabilmente stava scrutando una qualsiasi fonte di pericolo che avrebbe potuto anche solo ostacolarli minimamente durante lo svolgimento della prova. Eppure non era possibile non pensare, anche solo per un infimo momento, alla bellezza di quel luogo: una scogliera magnifica si stagliava a strapiombo sul mare, la cui acqua era talmente limpida che si potevano scorgere persino i pesci che vi nuotavano tranquilli. Poco lontano dalla riva, alla quale si giungeva attraverso un piccolo e tortuoso sentiero, un enorme scoglio delimitava la fine della spiaggia e l’inizio dell’oceano, che peraltro era lo stesso che giungeva sino alla terra natale del sedicenne. Per un attimo la sua mente ricordò il momento della partenza, il corteo venuto ad acclamarlo, e le speranze che queste persone riponevano in lui. Scacciò ogni eventuale pensiero che potesse distrarlo e tornò a concentrarsi. Oltre il masso dalle dimensioni abnormi, qualche centinaio di metri più in là, tre isolette erano disposte in linea retta. Molto probabilmente, si disse, una volta tutta quella formazione rocciosa era unita, il che permetteva di avere un lunghissimo promontorio dalla bellezza inequiparabile. Era impossibile non pensare a quanto potesse essere magnifico crogiolarsi al caldo sole che tutt’ora emanava i suoi raggi sull’immensa distesa blu. L’unica sfortuna è che loro non erano giunti in quel posto per una vacanza rilassante. Affatto, i due ragazzi - che nel frattempo si erano incamminati verso la battigia - erano lì per sostenere una delle più ardue verifiche della propria carriera ninja.
I loro piedi in poco tempo si ritrovarono tra la scottante sabbia. Di nuovo, il genin della Foglia si guardò intorno meticoloso. Il kirese lo fissò mentre egli compiva questi gesti sopra elencati e rifletté, ben attento a non essere visto dall’altro: per quale motivo stava facendo ciò? Perché mai ad ogni passo, o quasi, scrutava il circondario? Aveva paura? O forse si stava semplicemente accertando che non avrebbero incontrato pericoli, almeno per il momento? Se avesse timore questo non poteva dirlo, in quanto tutto ciò che traspirava dalla sua pelle era una sicurezza quasi innaturale. Ancora non capiva se facesse finta oppure no.
Il konohano si avvicinò all’acqua, sempre immerso in quel mondo tutto suo, fatto di costanti ed immediati pericoli. Rinfoderò la katana, che fino a poco prima teneva stretto in mano, e la sostituì con un pugnale che portò immediatamente alla bocca. Lo fece per avere le mani libere, ora capiva. Difatti subito dopo le incrociò nella posizione della Pecora, quella che consentiva di richiamare il chakra. Evidentemente voleva attraversare il mare per raggiungere qualche particolare che aveva attirato la sua attenzione, e che all’altro membro del Team Azzurro era sfuggito. Subito questi lo imitò, convogliando l’energia fondamentale per uno shinobi, quella che permetteva di usare jutsu e compagnia bella. L’ultima volta che aveva camminato sulla superficie acquea fu durante la prova dell’esame genin posta a lui e ai suoi colleghi accademici dal sensei Akihiro. Tre volte aveva fallito, allora, prima di poter riuscire a compiere quel gesto che il maestro, dall’alto della sua esperienza da chuunin, faceva sembrare di ordinaria amministrazione. Anche quel giorno stava per essere giudicato in base alle sue abilità, ma il livello - sia quello delle sue capacità, sia quello della difficoltà del test - era notevolmente cresciuto. Con la promozione a genin aveva ottenuto il coprifronte, simbolo del villaggio natale che era così fiero di servire, che trattava come un oracolo; se fosse riuscito a dimostrarsi talmente abile da meritarsi il nuovo grado gerarchico, avrebbe ricevuto in dono anche la giacca verde.
Posò il piede destro sul liquido azzurro sottostante con cautela, pur sapendo di essere migliorato molto dall’anno prima. Tastò accuratamente la solidità del mare di Kawa: tutto sembrava filare liscio. Messoci anche il sinistro, iniziò ad avanzare lentamente, sempre seguendo Kisuke, il quale ogni tanto si lasciava sfuggire qualche verso. Era incredibile, sembrava come annoiato. In effetti , dovette quindi considerare il nebbioso, la prova era come se non fosse nemmeno iniziata. Un banale esercizio di controllo del chakra non era sufficiente. Sicuramente qualche tranello doveva essere in loro agguato, nascosto chissà dove, pronto ad attaccarli. Tutt’intorno il paesaggio infondeva una tranquillità disarmante, ma i due concorrenti non si dovevano far gabbare da questo dettaglio. Ogni genere di trappole poteva essere in loro attesa: che esse fossero nell’oceano, però, era cosa improbabile, ma comunque non impossibile. Dovevano stare molto attenti e captare ogni possibile segnale. In quel momento molto più di prima, soprattutto perché il Nara non sembrava più circospetto come sulla spiaggia. Pareva quasi che pensasse che i pericoli se li fossero lasciati alle spalle nel momento in cui si erano allontanati dalla battigia. Si sbagliava, e di grosso, secondo il parere del kirese erano molto più vulnerabili dove si trovavano attualmente.
Avanzarono, man mano accrescendo il ritmo dato che il tempo mancante continuava ad accorciarsi, fino a trovarsi dinnanzi lo scoglio dalle dimensioni fuori dal comune che aveva notato dall’alto della costa. Un dettaglio gli fece spalancare gli occhi, e non fu la grandezza del masso: strane incisioni erano state scolpite sulla pietra. Anche l’attento occhio dell’altro genin sembrava averlo notato, perciò entrambi vi si avvicinarono. Quello che scoprirono fu altrettanto sbalordente: qualcuno aveva rappresentato tutta la zona circostante sulla superficie sassosa, in modo da formare una specie di mappa. Ma il particolare più strano era che nel centro di ogni cerchio, ognuno dei quali stava ad indicare un isola, vi erano tre piccole nicchie. Due di esse erano vuote, ma nella terza era stata incastonata una piccola pallina azzurra, somigliante ad una delle sue Bombe Gelo. Un pensiero folle passò per la sua testa.

Non mi dire che..


Parlò più a sé stesso che con Kisuke, il quale peraltro era immerso anch’egli in ragionamenti contorti, per cui forse non l’aveva nemmeno udito. Mise una mano nella tasca porta oggetti e ne estrasse una piccola sferetta dello stesso colore del ghiaccio. La accostò ad uno dei due buchi sopra menzionati, tentando di capire se la sua forma poteva combaciare con quell’arma. Nel momento in cui le sue dita sfiorarono la roccia, Takeshi avvertì una strana forza provenire da essa. Era come se lo scoglio rispondesse alla sua presenza: ma quella del nebbioso o quella della pallina? Ansioso di conoscere la risposta, tentò di infilarla nella rientranza. Niente da fare, le sagome non erano le stesse. Evidentemente quella non era la chiave della serratura. Rimise l’oggetto nella sua posizione originale e, fatto ciò tornò a sfiorare la pietra. Senza dubbio aveva qualcosa di strano. Era come se emanasse una fonte di energia propria.

Ho capito, finalmente! È qui che hanno nascosto la Pergamena! E sicuramente, trovate le due restanti sferette ed incastonatole, esse apriranno la roccia.


Sembrava come se dovessero ricostruire un puzzle. Avevano trovato finalmente l’obiettivo della missione, ma una barriera fisica impediva loro di prenderla. Per superare questo ostacolo, dovevano ritrovare le due palline simili a quella che rappresentava una delle tre isole. Risolto il primo mistero, ora un nuovo enigma, forse ancora più complesso si presentava loro: dove si trovavano le rimanenti chiavi? All’interno dei rispettivi atolli, questo era più che ovvio. Il problema è che trovare una cosa tanto piccola poteva risultare impegnativo tanto quanto cercare un ago in un pagliaio.
Improvvisamente il suo cervello ebbe un input. Gli tornò alla mente che la mezz’ora ormai doveva essersi trasformata - e non magicamente - in una ventina di minuti, poco più poco meno. Anche l’altro componente della Squadra 2 sembrava essere giunto alle medesime conclusioni. L’ordine che il Konohano impartì fu quello di esaminare la seconda isola, quella che a suo dire era la più strana delle tre. Takeshi annuì, segno che accettava il suo volere, ma non come sottoposto o altro, bensì come un normale compagno di team. La nomina del caposquadra era ovviamente una formalità, sarebbe stato stupido per i giudici testare le abilità di condottiero di un solo concorrente per gruppo. Ragionandoci su, però, si rendeva conto che la suddetta modalità sarebbe stata corretta soltanto se nelle prove che sarebbero seguite - semmai ce ne fossero state altre - i ruoli si fossero invertiti.
Veloci come il vento, i due giovani percorsero il tragitto che li separava dal primo luogo da ispezionare. Macinando metri su metri, raggiunsero ben presto l’obiettivo. Takeshi, su consiglio indiretto del suo “capitano”, controllò comunque la prima isola, nel caso avesse notato qualcosa di anomalo. Niente, nessuna pallina azzurra era in vista. Ma come avrebbe potuto vederla, a quella velocità e, soprattutto, in un’area così grande? Non si oppose al piano d’azione elaborato poco prima, comunque, dunque ciò che si trovò dinnanzi ben presto fu la seconda terra emersa. Man mano che vi si avvicinava lo stupore cresceva: praticamente era come se un pezzo di roccia si fosse staccato dal fondale e fosse risalito in superficie. Non un solo filo d’erba, non un solo spiazzo verde. Sempre e solo pietra. Un’unica eccezione, ma che d’altronde altro non era che la conferma alla regola suddetta: un albero, privo di qualsiasi foglia, si ergeva sulla desolata landa petrosa. Le sue radici -incredibile a dirsi - penetravano persino quel pezzo di montagna, andando a finire chissà dove, in cerca di un barlume di terra che forse mai avrebbe trovato. Solo a guardarlo, il kirese si sentiva triste per la povera pianta, costretta in un ambiente che non le apparteneva, obbligata a nutrirsi di cibo magari indigeribile, isolata da qualsiasi altra forma di vita. Come una specie di mostro, tenuto segregato in qualche cella da cui era impossibile evadere. Ma per sopravvivere si poteva fare tutto. Si chiese, prima di distogliere l’attenzione da quei pensieri tristi, come mai non l’avessero ancora tagliata. Evidentemente non importava a nessuno.
Appena approdò sul tetro isolotto, avvertì una sensazione stranissima, quasi come una fonte di energia insita nel terreno. La cosa lo fece rabbrividire. Com’era possibile che un freddo sasso avesse vita propria? Ma non fu l’unica sorpresa. Immediatamente dopo, l’ignota forza prese possesso del suo cervello. Non riuscì più a distogliere l’attenzione dall’albero quasi morto. Le gambe si mossero quasi da sole, guidandolo verso il centro dell’isolotto, punto in cui appunto era sorta la pianta.
Arrivato alle sue radici, poté constatare che quello non era un normale vegetale: le sue radici penetravano lo scoglio per decine di centimetri, quasi come se vi fosse ancorato. Riuscì anche a percepire la morte. Non che avesse una forma definita, ma era sicuro che là vi fosse qualche mistero sinistro. Sentiva la stessa sensazione di un cimitero, e non ne capiva perché. Ora forse comprendeva il motivo per cui nessuno mai si avvicinava a quel tronco. Era come se portasse sfortuna. Ma per il Team 2 compì l’azione inversa. Un luccichio lo abbagliò: non poteva credere ai suoi occhi. Ecco dove si trovava la sfera blu che andavano cercando. Eccola là, incastrata tra due radici. Beh, più che incastrata sembrava sepolta da esse. La vista della chiave sembrava averlo rinsavito. Kisuke si voltò verso il nebbioso e, a gesti, gli indicò di sollevare l’ostacolo; lui, nel mentre, avrebbe afferrato la pallina azzurra.

Tsk, chissà perché si è preso il lavoro più facile..


Si avvicinò e con forza alzò la parte dell’essere che era attaccata al terreno. Fatto ciò, il Nara si inginocchiò e tese una mano all’interno della gabbia di radici. Quando la estrasse, tra il pugno chiuso si poteva distinguere il colore della sfera. Ma non fecero nemmeno in tempo a cantare vittoria.
Qualcosa lo afferrò dalla cintola e lo sollevò di peso. Non riuscì neanche a capire che cosa lo avesse catturato che subito questa lo fece schiantare contro il fusto legnoso, provocandogli un acuto dolore alla schiena. Venne sballottato di qua e di là, prima di rendersi conto che ciò che lo stava umiliando era la pianta stessa. Il suo sguardo cadde sul compagno, anche lui vittima della stessa situazione. Seguì un rumore assordante, come se il pavimento si stesse sgretolando. Invece si sbagliava, non si stava spaccando: si innalzava. Pareti rocciose crescevano intorno al maligno vegetale, come a volerlo ingabbiare. Forse era una tecnica di protezione per contenere la furia dell’albero. O, più probabilmente, la pietra era stata schiavizzata dal vivente, permettendogli di controllarla a suo piacimento. Come aveva fatto a non pensarci? Era il fusto colui che regnava su quell’isola, non era costretto dall’ambiente circostante.
Questa situazione era però inverosimile. A mente lucida, magari, avrebbe capito subito che probabilmente era opera di una jutsu nemica anche se, di ninja, effettivamente non ne aveva scorti nelle vicinanze. Ma tutto poteva capitare nell’Esame Chuunin. Quelle prove erano state organizzate con lo scopo di verificarli, a volte nel modo più crudele possibile. Non c’era da stupirsi.
Un dolore lancinante all’avambraccio sinistro lo riportò alla cruda realtà. Tutto si fece più buio, come se volesse trascinarlo via. Prima di sparire, però, riuscì a vedere gli occhi neri del Konohano che lo fissavano, decisi. In mano egli reggeva un kunai. Un lampo di genio, in concomitanza con la sparizione dei rami che lo avvinghiavano, gli fece aprire gli occhi. Letteralmente. Era tutto un’illusione. Erano caduti in un genjutsu, senza neppure accorgersene. Ma quando erano stati colpiti? E soprattutto da chi? Dall’albero? No, improbabile. Sicuramente era un essere umano la fonte di quella tecnica.
Si guardò attorno: le radici erano al loro posto, così come il rinsecchito tronco. Intorno a loro, però, la parte di pietra non era scomparsa assieme al resto. Vide Kisuke ancora immobile, ovviamente era perché era ancora sotto l’effetto delle allucinazioni. Era ora di ricambiare il favore che gli aveva fatto liberandolo. Un colpetto alla lunga manica destra del suo mantello bianco bastò per rivelare il suo asso nascosto. Un aikuchi praticamente nuovo di zecca ora era tenuto saldamente dalla mano del kirese. Con esso penetrò la coscia del foglioso, provocandogli un dolore tale da risvegliare il suo sistema nervoso. Una volta compiuta l'azione, ripose l'arma nel suo nascondiglio.

Avresti potuto liberarti da solo, invece hai pensato prima a me che a te stesso. Grazie.


Il ninja del Fuoco si era comportato da vero compagno di squadra. Non molti shinobi, in quella stessa situazione avrebbero pensato di aiutare l’altro membro del team invece che salvare la loro pellaccia. Chissà quali danni avrebbe potuto procurare quell’illusione se fosse stata prolungata, anche solo di poco. Forse anche problemi seri. E il genin di Konoha aveva posto più importante la salvezza dell’altro componente del gruppo azzurro.

Che l’abbia fatto solo per farsi bello agli occhi degli esaminatori?


Non c’era tempo di pensare a banalità come queste. La gabbia sassosa si stringeva sempre di più. Ad occhio e croce, la distanza restante era cinque metri, o poco più. Un nuovo, imminente pericolo si era formato verso i due aspiranti chuunin: la parete si era modellata. Ora decine di spuntoni si allungavano verso il centro della cupola, ad un ritmo pazzesco. Non gli rimaneva molto tempo per pensare. Come uscire da quella prigione? Ancora una volta, la mente del capogruppo arrivò ad una soluzione molto prima del sedicenne. Cos’aveva di speciale quella pietra? Nulla, secondo lui. Un normale sbalzo termico l’avrebbe sbriciolata in pochissimo tempo. Non terminò nemmeno la frase, che subito incominciò a compiere sigilli magici per attivare qualche tecnica. Portò le dita alla bocca in una posizione diversa da qualunque altro seal avesse mai visto: da essa sgorgò dapprima una fiammata, che poi si tramutò in una vera e propria palla di fuoco.

Geniale! In questo modo riscalderà la roccia e io la sgretolerò con il ghiaccio!


Nello stesso istante in cui la sfera compiva la metà del tragitto, Takeshi si affrettò a formare i cinque segni necessari ad una jutsu molto simile a quella appena usata dal parigrado. Dalla cavità orale del genin dell’Acqua, però, uscì un getto congelato che in men che non si dica andò a scontrarsi con la roccia ancora incandescente. Un rumore confermò la riuscita dell’azione foglio-nebbiosa. E ora vai col gran finale: il Nara estrasse un kunai dalla sacca posteriore e vi legò una carta bomba. Una delle combinazioni più letali di un armamentario ninja. Quando essa raggiunse la parete, egli la detonò, facendo scaturire un esplosione che, sicuramente, avrebbe distrutto la loro gabbia.
Incredibile quello che due shinobi, pur sconosciuti l’un l’altro, potevano fare se collaboravano. Questa era la vera forza di una squadra, nel vero senso della parola. Questo era ciò che la giuria voleva dagli aspiranti chuunin: cooperazione.

¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬Grado: Genin
Energia: Gialla
Chakra: 80/100
Condizione Mentale: Concentrato
Condizione Fisica: [Dipende dal Giudice]
Consumi: 20
Recuperi: //
Slot Tecnica Utilizzati: 1/1
Slot Azione Utilizzati: 1/2
Tecniche Utilizzate: Soffio Artico
SPOILER (click to view)
[size=1]Posizioni Magiche: 5 ( medio )
Villaggio: Kiri
Descrizione: Impastando una discreta quantità di chakra nella bocca, è possibile emettere un getto di vento ghiacciato che arriva anche a sei metri dall'utilizzatore, e raggiunge una larghezza all'estremità pari a tre metri. Chi viene colpito da questo jutsu riporta ustioni da congelamento leggere su tutte le parti colpite; inoltre se il ninja venisse anche solo in parte investito da tale jutsu sugli arti, risentirà di un peggioramento della velocità del 15 % per 2 turni. A causa del leggero congelamento dei muscoli. All'inizio il difetto di questa tecnica è che ci vuole molto tempo per impastare il chakra da utilizzare e che il ninja deve rimanere fermo mentre la esegue, ma dal grado di chunin in poi questa carenza viene a cadere, compensata dall'esperienza dello shinobi.
Tipo: Ninjutsu
(Livello: 4 / Consumo: Medio)


¬ Equipaggiamento Svelato ¬ Aikuchi x 1 [Riposto]
Bomba Gelo x 1 [Riposta]

¬ Note Post ¬ Anch'io mi sono dimenticato le note! xD Non accadrà più, xD.
Non mi è piaciuto il fatto che ti sei preso il merito dell'azione (lo so che eri obbligato, però..) e soprattutto che da qualche parte mi hai dato dell'Eunuco.
Ti avevo detto che l'avresti pagata, quindi ecco qui il conto. xD
90 Ryo, l'equivalente di una cartabomba (quella che ti ho fatto usare xD)

Nell'ultima frase, noterete, ho usato il condizionale. Non sapevo se narrare la sua sgretolazione oppure no, quindi l'ho lasciato a te, Giaco. ;)


 
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» • G i a c o ~
view post Posted on 15/11/2009, 14:47




Team 2 siete stati veramente bravi,sia Marco che Xyz avete preso dei voti abbastanza alti; continuate assolutamente così! L’unica cosa che dico a Marco è di stare attento all’ortografia che a volte sbagli; a X,invece,di cercare di esprimere la personalità del tuo PG ancora meglio. Per X: la tua ferita è Media nel punto in cui ti ha colpito Kisuke.

Proseguite verso l’ultima isola,la cui forma e dimensione saranno pressoché gli unici aspetti identici alla precedente: la sua superficie è totalmente pianeggiante e ricoperta del verde della natura. L’ambiente pullula di vita,di odori,sapori e colori totalmente diversi tra di loro che vanno a formare un affascinante ecosistema di specie animali e vegetali,il quale,però,nasconderà delle insidie che non sono da sottovalutare. Quando metterete piede sull’isola,cercherete di distinguere dalla massa di odori e di rumori quelli appartenenti alla sfera,trovandone una fonte inizialmente debole che,inspiegabilmente,sentirete avvicinarsi pur restando fermi nella vostra posizione. Dopo qualche secondo,vedrete l’oggetto del desiderio che,misticamente sospeso in aria grazie a due piccole ali piumate,vi scavalcherà per poi proseguire il suo cammino. Il vostro compito sarà quello di acchiapparla,tenendo presente che possiede Velocità,Forza,Resistenza e Riflessi pari ad un energia Verde; inoltre,ad aumentare la difficoltà,interverrà direttamente la natura,che tenterà di rallentarvi o di bloccarvi completamente attraverso i rami e le radici.
 
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† K y u b i »
view post Posted on 17/11/2009, 15:28





{ P r e l u d i o Eccomi qui! Avete visto eh.. eh? e_è Ho fatto il preludio ed adesso siamo in testa. Alla faccia vostra. xD A parte gli scherzi, il post precedente era abbastanza buono, dubito che mi ripeterò anche questa volta. Ovviamente, visto che siamo primi, tutto questo è per merito mio, il povero X fa solo presenza in questa mini Quest. xD Devi impegnarti di più eh.. ùùù xD Bon, non ho molto da dire questa volta, dopotutto mi conoscete, sapete come scarabocchio i post e le cazzate che ogni tanto le scrivo.°^° xD Posso dire che ora mi limito ad passare l'esame, basta post come quello precedente. ò_ò Quelli li avrete alle finali, forse °°

Post Scriptum: "Brutto post ùùù" xD





¬ The road of bloody teeth


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† Un piedistallo. Un salto. Un solo sforzo. Gli occhi guardano verso l’alto. L’unico limite: il cielo. Nel quel di Kawa No Kuni, un gruppo di due entità, così diversi tra di loro, avevano dato inizio a quelle difficili prove degli esami Chunin. Zoommando dal quel confine ancora sovrastante ed invalicabile, penetrando tra le nuvole, le rocce e le carni, in quel preciso momento, si potevano vedere i due ragazzi sputare sangue a causa dell’incessante logorio. Tra i due, c’era il famoso giovane del casato Nara, dai capelli color pece e dalla lunga e ritta coda. Sotto di lui, le sue zanne tracciavano una lunga e incantevole strada insanguinata. Ogni passo verso quel suo obbiettivo si attaccava lui, imbrattandolo tutto. Quel mare rosso di dolore e disperazione l’aveva attanagliato dalle viscere e non lo mollava più. A parte a quelle, in lui, non vi erano altre fitte che gli davano pena. Eppure anche vedendo il suo sangue scorrere a fiumi dalle sue ferite, ancora oggi c’era qualcuno che non avrebbe mai creduto a quello che vedeva. Lui, il dolore, l’aveva già perso tempo addietro, in quell’oceano celeste chiamato: Sora. Tutti già al villaggio natale gli chiedevano spesso come potesse reagire in quella maniera, così distaccata al dolore di quelle ferite, sembrava irreale. L’angoscia che provava era diversa da qualsiasi cicatrice tracciata sulla sua pelle, e ci si riferiva solo quelle, pure l’aver perso qualche litro di sangue in una battaglia non era niente di che. Nessuno poteva sapere che la solitudine che aveva dentro faceva più male di qualsiasi altra cosa al mondo. Questa sua stranezza l’aveva reso estraneo alle abitudini mondane della foglia, ritenuto quasi come un parassita. L’amicizia? Kisuke, non l’aveva mai trovata; figurarsi, per diciannove anni manco l’aveva cercata. La cosa che più si avvicinasse a quella parola era: Compagno o gruppo. Insomma, oltre a l’ambito lavorativo, che comprendeva missioni o combattimenti, non aveva avuto contanti con persone esterne al suo alterego nascosto. Aveva sbagliato qualcosa? No. Lui non centrava nulla con quello che gli era capitato, se voleva dare la colpa a qualcuno doveva darla solo alla vita ingiusta. Crudele come con molti altri, l’esistenza si prendeva gioco di loro e dei loro desideri. Per questo i parenti, gli amici e i compagni dovevano essere sepolti sotto un cumulo di macerie. Seppelliti da un peso che equivaleva allo loro utilità in quella vita vissuta, dove, essi erano decisamente pleonastici per i suoi scopi. Inutili come quell’esame che adesso stava affrontando assieme al natio di Kirigakure. Non aveva bisogno di sapere da qualcun altro che era degno di tenere un grado leggermente alto rispetto a quello di genin. Ogni qual volta combatteva, si feriva e ricominciava, aveva compreso che il suo limite veniva superato. Anche ora, in quella gabbia di roccia decadente, sapeva esattamente che era riuscito a salire un altro scalino. Ben presto sarebbe riuscito a scalare il cielo verso l’eterno riposo. Un giorno avrebbe valicato l’ultimo gradino e come Icaro, avrebbe volato verso il sole, aspettando qualcuno che gli bruciasse quelle ali fino a fargliele sparire del tutto.. Ma non era quello il momento, il suo desiderio non era stato ancora raggiunto e tantomeno qualcuno degno si era presentato a lui pronto a strappargli le piume dal corpo. Stava attendendo tranquillamente, il desiderio della battaglia lo bruciava, dov’era la carne e il sangue di cui si saziava? A stento aveva sentito quelle del suo compagno di squadra, ne voleva di più, qualcosa che placasse il suo lato oscuro o come lo chiamava lui: L’altro Kisuke. Il corpo tagliato a metà, la mente strappata e divisa, il cervello danneggiato da un’infanzia distrutta ancora prima di nascere. Ecco cos’era nascosto all’interno del suo cuore. Come una serpe che strisciava e sibilava furtiva aspettando una distrazione, una debolezza per poter uscire fuori e prendere possesso di quegli arti tirati fino allo stremo, pronti a rompersi per raggiungere il cielo. La dimostrazione di ciò che sapeva e pensava stava per mostrarsi al mondo esterno per la prima volta. La sua voce lo chiamava, riecheggiava come un eco dalla gola. Urlava di farlo uscire, di dargli il suo corpo nella fase del combattimento, voleva saziarsi, non poteva più strare a dormire cibandosi degli avanzi. Peggio di un animale rinchiuso nella gabbia d’acciaio dello zoo. Stringeva i pugni fino a sentire le unghie trapassargli la pelle; in una delle mani, quella sinistra, aveva la biglia blu così piccola ed insignificante. Era impensabile che quella pallina potesse decretare una cosa così importante quanto l’esito della prima prova di quella selezione chunin. La sentiva sotto le dita, l’epidermide leggermente sudata non la lasciava andare nemmeno per un secondo. Tutto quel trambusto per prendere solo una pallina così priva di interesse, che spreco di tempo. Sentiva una strana sensazione, come se tutte quelle prove fossero una gran perdita di tempo. Non aveva bisogno di inutili strategie e compagni per poter salire più in alto. Ancora una volta si era dovuto piegare al volere della vita. Chiuse gli occhi, rabbioso sentiva a stento l’ammasso di pietre che si stavano distruggendo attorno a lui. L’azione che pocanzi avevano compiuto era stata piuttosto banale, dopotutto non c’era niente di straordinario nel riuscir a utilizzare delle tecniche così arcane come il Katon o il Suiton no Jutsu. Quella che aveva dimostrato di essere una sua peculiare abilità era: La strategia. Il cervello sottoposto ad una pressione così notevole avrebbe mandato in paranoia centinaia di persone, ma non lui. Calmo e con la mente libera aveva attuato un semplice e ben elaborato piano d’azione. Tutto si era concluso con la loro vittoria, il prezzo che avevano pagato per quella misera sfera era solo una leggera ferita. Era decisamente annoiato. Cos’era? L’esame chunin si era rammollito dandogli prove di così infimo livello? Tra i sassi cadenti, il Nara prese e si mise il cappuccio sulla testa. L’ombra e le macerie imperversavano sopra di lui, pochi spiragli di luce cadevano in quell’atollo centrale. Il suo andamento fiero non faceva caso nemmeno un po’ a quella ferita sulla gamba sinistra. Zoppicava? Forse.. Il sangue usciva inesorabile? Decisamente si. Sentiva dolore? No. Come se quella attorno a lui fosse una pioggia solita si prese abbastanza tempo prima di uscire dalla cupola. Ogni passo era il suono di un sasso caduto a fondo. I piedi scalzavano via il terreno sotto di lui. Le fiamme non c’erano più, il vento gelido si era trasformato in una leggera nebbia vellutata che a poco a poco saliva alta nel cielo. Mentre camminava non faceva caso a nulla. Il suo compagno forse era già andato a vanti senza aspettarlo oppure era dietro di lui? Il suo sguardo non si era mosso di un non’nulla. Tra un fronzolo e l’altro passava da una pietra all’altra flemmaticamente. Il tempo sembrava essersi accorciato. Come se, invece che andare in avanti si fosse mosso leggermente all’indietro. Tempo, avevano bisogno di più tempo per concludere la prova e passare alla fase successiva. Sbuffò una volta, finalmente aveva oltrepassato il muro di cinta della cupola. All’esterno si poteva scorgere il sole in tutta la sua magnificenza. Voltandosi per un attimo, guardò per un attimo la loro opera d’arte andare finalmente in frantumi. Investito dalla polvere, Kisuke alzò la mano sinistra fino al suo petto. L’aprì lentamente, voleva scorgere un ultima volta la sfera del destino a cui spettava la decisione: Promosso o bocciato. Appena anche l’albero fu sommerso da una tomba si rivoltò come se niente fosse successo. Aprendo la sacca porta armi, situata sotto la schiena, leggermente sulla sinistra, Lo shinobi della foglia mise vie la prima parte della loro minimissione. Adesso dovevano procedere con l’ispezione di una di quelle due isole. Ma quale. La prima, quella che avevano superato precedentemente non aveva mostrato nient’altro che un volto tranquillo, quasi non vi fosse niente di serio al suo interno. Invece nella terza c’era un qualcosa che lo attizzava. Inoltre, anche se da lontano, l’ombroso intravvedeva il terzo atollo, e sembrava proprio che fosse una copia sputata di quello già affrontato precedentemente. Forse era proprio lì che si celava quell’ultima sfera. Una scelta, doveva solo decidere quale di quelle due visitare. Se avesse preso la decisione sbagliata, il tempo forse non sarebbe bastato per completare l’incarico ufficiale assegnato loro. Tutto si basava su quel 50% di possibilità, la vittoria gli poteva sfuggire dalle mani in qualsiasi momento. Era indeciso, dopotutto, in quel frangente la sua mente era data alle statistiche e ai calcoli, mentre ora non poteva contare ne su una ne su quell’altra. Chissà se aveva anche la fortuna tra le sue grandi doti. Ricollocò l’energia spirituale sulla pianta dei piedi e poi, come aveva fatto mille volte, fece un passo sulla parte acquatica. Scollegò le mani e si addentrò sul manto blu leggermente trasparente dell’acqua. Poco tempo era trascorso, ed già si doveva compire una difficile scelta. Fece un passo verso destra, cioè in direzione della prima isola. Qualcosa subito gli toccò la spalla. Istintivamente pensò che fosse stato il suo compagno ad sfiorarlo, poi notò qualcosa che aveva un aria familiare. Una cosa lunga, nera, si era protesa fino a fargli dover girare la testa quasi a 180° per lo stupore. Un immagine a sua somiglianza si era intromesso nella sua decisione. La solita figura seria scontrosa che lo accompagnava da qualche anno a questa parte. L’altro Kisuke si era posizionato d’innanzi a lui. Cosa voleva? La mano, il braccio.. forse. Non si sarebbe presentato in quell’occasione solo per salutare. Doveva stare molto attento. Stranamente egli sogghignava, una cosa che il Nara non gli aveva mai visto fare prima d’ora. Ancora silenzioso il ragazzo della foglia stava attendendo un azione, una parola da quel suo odioso alterego. Nella mano teneva ancora fermo

~ Oplà Kisuke. Ne è passato di tempo.

~ Ricordo che ti avevo quasi detronizzato quella volta nella foresta durante la missione con quel ragazzo.. com’è che si chiamava.. Hinato, vero?

~ Comunque, cos’è quel fare indeciso. Sbrigati ad andare avanti idiota.



† Disse sorridendo malignamente. Allora non era venuto per fare solo quattro chiacchiere, bensì per metterlo in guardia. Male, adesso che lo sapeva non poteva stare più tranquillo, un solo errore ed era finito. Immemore di quello che accadde quella volta nella foresta, Kisuke, si sentì più che mai agitato. Si ricordava bene cos’era successo poco tempo fa in quella boscaglia durante la missione con Hinato e il ragazzo Uchiha. Aveva preso di mira loro due? Voleva tentare l’uccisione di quei due probabilmente. Il Nara alzò lo sguardo, non gli interessava se il suo compagno lo credeva caduto in trance, non poteva lasciarsi fuggire quell’occasione. Se quella era la sua parte stupida, in qualche modo poteva estorcerli qualche preziosa informazione. Dopotutto lui sapeva qualcosa, che l’ombroso della foglia faticava ancora a scorgere, un qualcosa che andava al di la della capacità di pensiero umana.

‡ Mi spiace per te, ma Hinato è forte, Ancora non puoi batterlo, rassegnati. Se mi consigli bene potrei lasciarti uccidere il ragazzino che mi porto dietro. La sua carne sembra molto morbida.

† Sogghignò a sua volta vedendo la faccia irritata dell’altro shinobi.L’aveva provocato apposta sapendo che era di quelle persone che scattano alle prime avvisaglie. Chissà se avrebbe ceduto alla tentazione del ninja di Kiri. Stupido com’era sicuramente avrebbe accettato quella piccolezza in cambio di tempo. Tempo che il Nara avrebbe utilizzato per non cadere come l’ultima volta, quando rischiò di essere per sempre soggiogato al suo volere. L’impuro non sapeva cosa stava succedendo, forse si sarebbe preoccupato di vederlo silenzioso ed impalato come uno spaventapasseri? Figurarsi. Una non’nulla come quello non poteva di certo importargli. Nel brontolio del mare e dei gabbiani, l’altro rispose veemente alla sua battuta.


~ Si come vuoi te, tanto lo sai che li prenderò per il collo un giorno.

~ E quando verrà quel momento riderò sapendo che ti ho relegato per sempre all’inferno assieme a tutti i tuoi compagni.

~ Fino a quel momento non pensare di morire idiota.

~ Per adesso mi limiterò a guardare, non mi deludere.




† Scomparve in una nuvoletta di fumo. Sembrava esser stata tutta un’illusione ottica. Quello che lo aspettava dopo, era l’uscita nel mondo reale. Tornò ad assaporare il tocco delle onde sotto di lui, l’odore di salsedine e il rumore prodotto dai gabbiani poco sopra le loro teste. Un leggero vento lo sospinse dalla schiena in vanti. Le correnti portavano le onde a frastagliarsi verso l’isola. Le nuvole si muovevano libere nel cielo mantenendo un passo lento che ogni tanto nascondeva il sole. Tutto sembrava dirigersi verso quell’unica isola.. la terza della serie di atolli sparsi in linea retta in quella baia. Un segno? Un presagio di buon auspicio indotto da madre natura o forse solo un indizio datogli dal mostro che voleva soggiogarlo al suo volere? Come attratto da una calamita si diresse verso l’ultima di queste zone sperando in bene. Il suo compagno era sempre vicino a lui. Aveva detto qualcosa? Chissà. Se l’aveva fatto, il Nara, di sicuro non l’aveva udito. La sua situazione mentale non doveva essere messa alla prova quando si trovava di fronte quel soggetto fastidioso. Soprattutto ora, in quell’esame chunin che poteva costargli qualcosa in più che una semplice promozione. Prese a camminare più svelto. Gli occhi di Kisuke si erano posati come mirini sulla terza isola. Nella sua mente aveva impressa a fuoco l’immagine di quell’atollo. Non c’era nient’altro che quella cosa circolare nella sua immaginazione. Cento metri, cinquanta, venti, cinque.. Finalmente riuscì a poggiare il piede sinistro sul manto erboso dell’isola. Per certi versi era molto simile a quella precedente. Peccato che rispetto alla precedente questa aveva una fauna ed una flora che poteva far invidia alla terra del Fuoco. Appena si addentrò di qualche passò all’interno della zona boschiva iniziò a percepire una sensazione strana. Era la stessa che l’aveva ingannato precedentemente. Guardò a destra, poi a sinistra. Tutto giaceva tranquillo, troppo tranquillo. Questa volta ben deciso a non farsi prendere sottogamba attivò la sua innata. L’ombra alla base dei suoi calzari si fece avanti leggermente, il colore sembrava anche più scuro rispetto alla sua solita ombra. Anni di duro lavoro racchiusi a pochi centimetri sotto di lui. Per rigor di logica si voltò verso il suo compagno. Parlando con voce bassa, ma non sibilata, lo mise in guardia.

‡ In guardia. Non ci si può mai fidare in queste occasioni. Stai sempre affianco a me e sii pronto ad ogni attacco nemico, sia prima che dopo l’aver preso l’ultima sfera. Andiamo.

† Borbottò con la solita voce rocca. Decisamente l’isola su cui si trovavano non sembrava pericolosa, anzi, tutto il contrario. Ogni passo che Kisuke compiva era irregolare. Per un po’ di tempo si era dimenticato dello scontro ricevuto con l’alterego. La missione stava per arrivare agli sgoccioli, dovevano spicciarsi. Il rumore del mare si faceva ogni passo più forse, erano vicini, l’ombroso lo percepiva attraverso i muscoli. La cercò fino alla fonte, dove la vide volteggiare sull’aria. Impossibile. Non poteva credere ai propri occhi. Una pallina di color blu circondata da due ali piumate stava svolazzando tranquillamente nello spazio. Passato il primo momento di stupore c’era di fronte a lui la cieca realtà. Doveva prenderla ad ogni costo. Aspettò trepidante. L’azione di quella pallina non si fece attendere, era vicina, sempre più vicina. Stranamente non attaccò ne uno ne l’altro, filò via dritta senza barriere. Sorpassato Kisuke si voltò pronto ad inseguirla, ma qualcosa lo trattenne per la gamba. Abbassò lo sguardo e vide una radice farsi strada sulla sua gamba. Non ci pensò due volte, prese il kunai in mano e con un movimento rettilineo e verticale tagliò la radice. Questa volta riuscì a girarsi del tutto quando si sentì ancora tirare, questa volta uno dei rami l’aveva preso per il braccio destro. La natura infuriava su di lui. Altro che segno di buon auspicio per il paradiso terreno, quello era il vero inferno. Aveva messo via il kunai ed aveva estratto entrambe le katane dalla schiena. In un attimo ci fu un rombo di lame affilate che squarciavano tutto quello che incontravano sul loro cammino. Rami, erbacce, foglie e qualche piccolo animale scomparivano sotto il peso di quelle spade insanguinate. Aspettò il momento opportuno per poter bloccare i movimenti della pallina svolazzante. Quando vide il pertugio giusto, agii veloce. Le piante lo stavano per attanagliare di nuovo un lembo della tunica nera quando con un colpo secco lanciò la prima katana verso l’ala destra della sfera azzurra. Di certo non contava di colpirla così facilmente, era tutto una messa in scena per poter attaccare nel suo angolo morto, il terreno. A metà strada da quando era partita la lama, Kisuke, aveva allungato la propria ombra cercando di collegarla con quella nemica. Ma non poteva farcela da solo.

‡ Appena schiverà la mia spada sarà sulla sinistra, proprio sul tuo lato. Intanto che uso il Kagemane avvicinati e prendila. Vai

† Lui aveva fatto il suo ed ora? Doveva sperare nella riuscita del suo compagno di squadra. C’è l’avrebbe fatta a prendere la pallina in tempo? Il fallimento l’avrebbe portato ad una fine innegabile. Stava fermo, la sua ombra avanzava, il lato destro era stato attaccato, tutto faceva presagire ad uno spostamento laterale verso sinistra ed là, l’innata del Nara stava attendendo di congiungersi con il nemico. Le ferite che potevano subire non erano niente in confronto al dolore del fallimento che stava come la spada di Damocle sulle loro teste.







{ J u t s u
Tecnica del controllo dell'ombra (Kagemane no Jutsu - Shadow Copy Technique)
Tipo: Ninjutsu
Descrizione: Conosciuta in passato come Tecnica dell'allacciamento delle ombre, questa tecnica lega la propria ombra a quella dell'avversario, obbligandolo a copiare i propri movimenti. Dopo che il legame è stato stabilito, il ninja dispone di un determinato lasso di tempo per controllare l'avversario. Questa tecnica permette anche di manipolare a piacimento la propria ombra, modificandone forma, lunghezza e larghezza, potendola anche sommare (solo in lunghezza) alle ombre esistenti sul terreno (le ombre del terreno non possono essere modificate).
Consumo: Basso Per Turno






S t a t u s

Generalità ~
Nome: Kisuke Nara
Villaggio: Konohagakure
Grado: Genin
Energia: Rossa

Chakra: 255/300
Condizione Mentale: Non pervenuta
Condizione Fisica:
Ferita Medie:
I° Sulla gamba sinistra

Consumi:
† Chakra Adesivo [5]
† Attivazione innata [5]
† Tecnica del controllo dell'ombra [10]

Slot Azioni:
1/3:
2/3:
3/3:
Slot Tecniche:
1/2: Attivazione innata
2/2: Tecnica del controllo dell'ombra

Armi svelate:
Katana {2/2} -1 Lanciata
Shuriken {5/5}
Kunai {19/20}
Carta Bomba {6/7}

OT: Per le ferite riportate aspetto il giudice. I conti dovrebbero essere giusti, spero solo di non aver dimenticato nulla ùùù
 
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xyz10
view post Posted on 19/11/2009, 21:30




¬ Legenda ¬ Narrato
Parlato
Pensato


¬ We Will Be Victorious ¬ Attorno a loro silenzio. L’unica cosa udibile erano i respiri affannosi dei due esaminandi appena scampati alla prigionia rocciosa. Un nuvolo di polvere si era alzato fino a coprire quasi l’intera area circostante la gabbia e non si era ancora diradato. Avevano compiuto una bella mossa, non c’è che dire. Un unico dettaglio rovinava il loro piano: probabilmente nessun esaminatore era stato in grado di vedere quello che era appena successo al suo interno. Immaginando la scena dal punto di vista di un esterno, si poteva solamente dedurre che i due shinobi fossero magistralmente scampati alla trappola. Il vero problema per i giudici sarebbe stato capire come. Come avrebbero fatto a sapere se loro avessero attuato una strategia oppure avessero soltanto fatto saltare la parete? In cuor suo, sperava che i jonin non fossero sprovvisti di tecniche di spionaggio, altrimenti i due genin avrebbero sprecato una miriade di punti preziosi. L’importante, comunque, era essere sopravvissuti per raccontarlo.

Non essendo a conoscenza del fluire inarrestabile del fiume dei secondi, i ragazzi non potevano perdere ulteriore tempo. La riuscita della loro prova era ancora lontana: proprio in quel momento, Kisuke teneva chiusa nel pugno la pallina magica, il pezzo mancante del puzzle per ottenere l’agognata Pergamena. Ma la promozione sembrava ancora irraggiungibile. Anni luce sembravano separare Takeshi dallo scalino successivo della gerarchia ninja; il confine tra genin e chuunin pareva invalicabile come una montagna, anche se sembrava che comunque si stesse assottigliando man mano che il primo test veniva completato.
Evasi da quel carcere petroso, i due, istintivamente, si voltarono per ammirare la loro opera. Il muro sinistro era stato demolito in gran parte dall’azione foglio-nebbiosa. La potenza della carta bomba, così efficacemente sommata a quella di uno sbalzo termico improvviso aveva sgretolato quello che una volta formava il terreno dell’isolotto. Prima di mettere al sicuro la sferetta color cobalto, il Nara la portò dinnanzi agli occhi per poterla ammirare meglio. Senz’ombra di dubbio i pensieri che lo turbarono furono, se non gli stessi, molto simili a quelli dell’altro giovane. Un oggetto così piccolo ed apparentemente privo di utilità poteva essere la chiave di volta del loro Esame. Grazie a quel cosino che stava comodamente nel palmo di una mano, i due potevano considerarsi a buon punto nella graduatoria finale. Avrebbe voluto conoscere quali proprietà magiche avesse quella pallina, perché era sicuro che ne avesse - o altrimenti non avrebbe potuto essere così importante per il loro fine -, ma lo shinobi della foglia la mise al sicuro nella sacca porta oggetti. Quasi meccanicamente, egli si diresse nuovamente verso il mare. Passi pesanti, i suoi, compiuti a testa bassa. La sua espressione era indecifrabile: sembrava quasi che una paresi facciale l’avesse colpito, immobilizzandogli pure lo sguardo, fisso per terra. Velocemente l’encefalo del suo compagno cercò il motivo di tale comportamento. Riuscì a darsi due spiegazioni: la prima era che anche Kisuke fosse caduto vittima dell’effetto paralizzante che aveva colpito il kirese poco prima, appena messo piede sui quei sassi stregati. Ricordava di non riuscire più a controllare il flusso dei propri pensieri e, soprattutto, di non esser capace di staccare lo sguardo dall’albero maledetto. Forse una cosa simile era capitata anche all’altro membro del Team Azzurro. La seconda ipotesi però era molto peggiore: il nebbioso temeva che il suo compagno si fosse esposto per un tempo eccessivo al Genjutsu prodotto dall’anomalo vegetale. Ci aveva riflettuto poco prima, quando aveva compiuto quel gesto che aveva dissolto l’illusione.
Il capogruppo, seguito a ruota dal ninja dell’Acqua, avanzò come un automa fino a quando mise il piede in acqua. Solo a quel punto compì un leggero movimento, indeciso sul da farsi. Evidentemente stava riflettendo sul fatto che rimanevano da setacciare le altre due formazioni terrestri. Il dubbio che lo attanagliava era scegliere quale delle due. Takeshi pensò velocemente: la prima isola non aveva nulla di speciale, per cui l’avevano subito esclusa dai possibili nascondigli dell’obiettivo. Il problema era che quella scelta fatta così, su due piedi, poteva rivelarsi errata, minando così il risultato della prova. Ma lui non era uno che tornava sui propri passi. Una volta presa una decisione, quella era e quella doveva essere. Non si arrovellò per molto, dunque, per capire che la prossima destinazione sarebbe stata la terza isola.
Intanto, il capitano della squadra due era sprofondato in quella che sembrava una sorta di trance. Si avvicinò al compagno e, presogli le spalle, lo scosse violentemente nel tentativo di rianimarlo.

Che hai, Konohano? Stai bene?


Nulla. Nessun segno di vita. La tesi dell’effetto collaterale dell’illusione sembrava avvalorarsi ancor di più. Probabilmente non avrebbe mai più avuto a che fare con quel foglioso, eppure se fosse stato quello il motivo della sua “non-presenza” mentale non avrebbe potuto non sentirsi in colpa per lui.

Che cazzo gli succede? Perché non fa nulla? Ho capito.. devo prendere in mano io le redini del gioco.

Muoviti, il tempo stringe. Non vorrei essere bocciato per colpa tua e della tua instabilità mentale.


Lo schiaffeggiò su una guancia, non aspettandosi più ormai nessuna reazione. Invece sembrò che l’altro shinobi si ravvivasse: i suoi occhi, ormai ridotti a fessure, si dilatarono e, pian piano, sicuramente sarebbero tornati normali. Non aveva comunque intenzione di sprecare minuti preziosi come l’oro per fermarsi a constatare se quello stesse bene oppure no. Se l’era cavata molte volte senza l’aiuto di niente e di nessuno fuorché delle sue capacità. Perché non avrebbe dovuto riuscirci pure in quest’occasione? Si voltò, dunque, lasciandosi alle spalle il ragazzo dal codino nero e fece egli stesso le veci del condottiero. Non gli interessava se l’altro lo stesse seguendo, avrebbe saputo ugualmente come arrangiarsi. Fujiwara Takeshi non dipendeva da nessuno. Men che meno da uno straniero incontrato per caso alle Selezioni, il quale non conosceva affatto le sue abilità.
Accelerò il passo. Troppi, decisivi granelli di sabbia erano già caduti nella clessidra che determinava la fine del test; e se non avesse completato la missione in tempo, sarebbe stata anche la fine del suo Esame. La fine di tutto. Un vortice infinito di rabbia e delusione lo avrebbe senza dubbio inghiottito, senza mai lasciarlo andare. In preda all’agitazione data dai suddetti pensieri, si ritrovò a correre sull’acqua, ma in un modo talmente leggiadro da non affondare nemmeno di un nanometro. Era questa la magia del chakra, e dei ninja. Ma non v’era nessun trucco. Era solo una strana forma di energia spirituale, concentrata in un unico punto, tanto potente da rendersi addirittura visibile in una gassosa forma bluastra.
Pochi attimi più tardi sentì qualcos’altro muoversi sull’acqua, e a una velocità di molto superiore alla sua. Immediatamente portò la mano destra alla wakizashi allacciata sulla schiena. [Maestria in un Arma - Base]


L’adrenalina gli fluì nelle vene, il cuore cominciò a battere più forte. Il momento era giunto: lo stavano attaccando. In quei momenti lunghissimi, l’aspirante chuunin comprese tutta la trappola ordita per testare le loro capacità. Recuperare la pallina altro non era che una scusante per far sì che uno dei due venisse colpito dal malocchio del fusto ligneo. In quel modo, uno di loro sarebbe stato inibito e sconfitto tranquillamente. All’altro membro, gli ignoti assaltatori avrebbero potuto pensarci più tardi, con calma.
Sguainò la spada, gemendo per il dolore sull’avambraccio col quale la impugnò, e si voltò. Pronto a qualunque evenienza, Takeshi scoprì che non stava correndo nessun pericolo. Nemmeno un’anima li stava pedinando. Al plurale, esatto. Il rumore appena udito era soltanto il foglioso che, ripresosi dalla trance, lo aveva raggiunto. Decisamente la tensione data dall’esame gli stava dando alla testa. Comprese però che, comunque, la spiegazione appena elaborata poteva essere più che verosimile. Di trappole ce n’erano a bizzeffe, su quelle maledette isole. La vera abilità non stava nello scampare ad esse, bensì nel non farle attivare. Bisognava pensare e capire quali sarebbero state le possibili insidie disseminate lungo quel tortuoso - si fa per dire - percorso.
Avanzando di buona lena, raggiunsero in una manciata di secondi l’ultimo isolotto. Rimase allibito nel vederla: un atollo di medie dimensioni, più o meno come il precedente, ma completamente diverso da quest’ultimo. Praticamente ogni cosa lì era verde. Istintivamente, gli venne da girarsi verso la seconda isola. Il contrasto tra la rigogliosità della terza, e la desolazione di quella centrale era indescrivibile. Ancora una volta la natura mostrava il paragone tra vita e morte. Nel solo raggio di poche centinaia di metri.
Uscirono dall’acqua e poggiarono i piedi sul manto erboso. Un’ulteriore volta provarono quella anomala ed ignota sensazione. Come una fonte di chakra. Immediatamente capì che avevano compiuto la scelta giusta. La pallina azzurra si trovava là, imboscata da qualche parte. Kisuke parlò per la prima volta da quando si era ripreso dalla trance psichica. La sua voce grave e profonda risuonò nell’aria, andandosi a mischiare con il resto dei rumori prodotti dalla fauna nascosta nelle vicinanze.

Tsk, lo so anche io che dobbiamo stare attenti. E comunque ho i riflessi pronti, come ho dimostrato poco fa.


Aveva capito che parlare con il compagno era più inutile che parlare con un muro di cemento, per cui si limitò ad annuire. Un particolare lo distrasse, mentre il suo sguardo cadde casualmente sul terreno: l’ombra del Nara si stava allungando. Aveva udito delle dicerie riguardanti una jutsu che permetteva di manipolare il proprio riflesso, però non vi aveva dato molta importanza. Che strana tecnica, comunque. Sembrava che per eseguirla era necessario rimanere fermi, cosa molto svantaggiosa in battaglia; e soprattutto, pareva non avere nessuna utilità. Ma questa, sicuramente, era solo ben nascosta.
I suoni provenienti dal circondario infondevano calma e tranquillità, ma Takeshi sapeva che era solo fittizia. Sentiva lo sciabordare delle onde del mare; cosa impossibile, dato che l’oceano era completamente piatto. Eppure il rumore continuava e continuava, aumentando man mano d’intensità. Avendo escluso che l’acqua ne fosse la fonte, si trovò a dover identificare quella vera. Si guardò intorno. Spalancò gli occhi, rimanendo di stucco. Il suo cuore mancò un battito. Incredibile ma vero, il rumore delle onde proveniva dalla pallina che, sospesa in aria da minuscole ali biancastre, si dirigeva a tutta birra verso di loro. Tutto ciò che dovevano fare era afferrarla. Un compito relativamente facile, pur considerando l’elevata velocità della sferetta azzurra. Il minuscolo oggetto li sorvolò senza degnarli nemmeno di un tentennamento. Takeshi alzò la mano tentando di acchiapparla. Ovviamente fu inutile, ma di questo era già conscio. Si voltò immediatamente, pronto a rincorrerla, mentre pensava ad un modo per rallentare la sua corsa o, ancora meglio, di bloccarla completamente. Fece per muoversi quando sentì che la gamba destra veniva strattonata da qualcosa. Guardò verso il basso e vide che, ancora una volta, le radici gli si stavano rivoltando contro. Tirò con maggiore forza, deciso a spezzarle. Non ci riuscì, anzi peggiorò la situazione: un ramo gli afferrò il braccio sinistro. Approfittò del fatto di avere la mano destra ancora libera e la infilò nella sacca porta oggetti. Subito tra il palmo si ritrovò un kunai e una pallina molto simile al loro obiettivo. Usò il pugnale per tranciare il ramo che gli immobilizzava l’arto mancino e, quasi nello stesso momento, udì la voce di Kisuke, il quale gli riferì di catturare la pallina non appena avesse virato per schivare il suo attacco. Alzò la testa, scorgendo una katana che puntava l’ala destra della sferetta volante. Non era di certo facile acchiappare qualcosa al volo, soprattutto se questo qualcosa era così veloce. Vide che l’ombra della figura del konohano si stava allungando sempre più. Capì che la proprietà di quella strana tecnica sarebbe stata di lì a poco rivelata. Non attese nemmeno un millisecondo in più. Ancora una volta con l’ausilio dell’affilata arma tagliò le radici che gli avevano ormai legato il polpaccio destro. Lasciò cadere il kunai, il suo dovere ormai l’aveva compiuto. Lanciò invece la bomba gelo -arma tipica del Kirigakure e quasi totalmente sconosciuta al foglioso - proprio sugli arbusti che ancora si apprestavano ad afferrarlo. Non ebbe il tempo materiale di constatare se la sua azione fosse riuscita oppure no, ma era sicuro che essa fosse esplosa intrappolando in una gabbia di ghiaccio tutto ciò che poteva rallentarlo, almeno nelle vicinanze. Corse più veloce di quanto avesse mai fatto in vita sua. In contemporanea al suo scatto imperioso, si verificò proprio quello che il codino della Foglia aveva appena detto: la pallina schivò la katana killer, virando improvvisamente verso sinistra, ovvero sul lato dove si trovava or ora Takeshi. D’un tratto, l’oggetto volante si bloccò a mezz’aria. Qualcosa aveva arrestato completamente la sua corsa. Con la coda dell’occhio vide che l’ombra del Nara si era “allacciata” a quella della sfera, immobilizzandola. Dunque era questa la famosa tecnica. Molto utile, soprattutto in situazioni come questa, dovette ammettere. Allungò la mano destra fino a chiudere la pallina nel pugno. Non appena la toccò, sentì che anche il suo corpo non rispondeva più agli ordini.

Incredibile! Ma che razza di ninjutsu è? Appena l’ho toccata, la mia ombra si è attaccata alle altre due e sono stato bloccato!


Il nuovo fluire degli impulsi nervosi nel corpo, sommato alla scomparsa del riflesso nero sull’erba, fece intuire al Fujiwara che il caposquadra aveva rilasciato l’arte magica. Strinse la pallina nel palmo talmente forte che temette che si sarebbe rotta. Si voltò verso lo shinobi straniero e, alzando bene in vista l’ultima chiave restante, gli sorrise. Tre furono le parole che gli passarono per la testa in quel momento.

Ce l’abbiamo fatta.


Per un attimo dimenticò la frase dettagli pochi minuti prima dallo stesso: stai in guardia anche dopo aver afferrato l’obiettivo. Sperava solo che nulla succedesse, almeno nei primi attimi successivi.

¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬Grado: Genin
Energia: Gialla
Chakra: 80/100
Condizione Mentale: Sollevato
Condizione Fisica: [Dipende dal Giudice]
- Una Ferita Media sull'avambraccio destro;

Consumi: //
Recuperi: //
Slot Tecnica Utilizzati: 0/1
Slot Azione Utilizzati: 2/2
Tecniche Utilizzate: //

¬ Equipaggiamento Svelato ¬ Aikuchi x 1 [Riposto]
Bomba Gelo x 1 [Utilizzata]
Kunai x 1 [Caduto in Terra]
Sfera Azzurra x 1 [Tenuta nella mano destra]

¬ Note Post ¬ Mi è piaciuto molto questo post. C'è il giusto mix di azione e narrazione.
Fatemi dire una cosa, comunque: il titolo ci sta perfettamente. xD Sapessi come inserire la musica, ci avrei messo pure "Uprising" dei Muse, che secondo me era azzeccatissima per questo post. xDD
Ok, basta, ho capito. Vi risparmio le cazzate, per ora. :asd:


 
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» • G i a c o ~
view post Posted on 24/11/2009, 21:15




Solo una parola: bravi. Vi resta solo qualche livido (massimo Leggero) nelle parti in cui siete stati colpiti dalle radici/rami degli alberi.

Se riuscirete a prendere la seconda sfera,tornate immediatamente verso lo scoglio dal quale siete partiti. Nel passare di fronte alla primissima isola (nell’ordine a partire dalla costa),verrete distratti ed insospettiti dall’improvvisa comparsa di una fitta nebbia e da strani gorgoglii provenienti dagli abissi sottostanti: cinque squali vi attaccheranno in branco. Le loro uniche abilità sono quelle di mordere con i denti ed infliggere colpi con il capo o con la coda; hanno Forza,Resistenza,Velocità e Riflessi pari ad un'Energia Verde. L'unico modo per liberarsene è sconfiggerli,infliggendo una ferita almeno Media a ciascuno di loro. Sconfitti i pesci,tra la nebbia,continuate a correre verso lo scoglio e,una volta arrivati,inseritevi le due sfere che avete raccolto: per un attimo,la nebbia diventerà ancora più forte,impedendovi la vista di qualsiasi cosa; un istante dopo,essa si sarà diradata completamente e la Pergamena Istantanea Bianca sarà già tra le vostre mani.
 
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† K y u b i »
view post Posted on 28/11/2009, 14:23





{ P r e l u d i o
Questo post è merda!





¬ Loneliness



† Rumori sinistri. L’oscurità lo attanagliava come una di quelle morse usate per le bestie. Vagava solo e nella disperazione. Perché toccava a lui subire sempre quelle disastrose conseguenze?. Aveva forse fatto del male a qualcuno per potersi meritare tale dolore? Il petto lo faceva sobbalzare ad ogni respiro, lo stomaco era chiuso fino all’impossibile, quasi non facendo passare nemmeno i cibi consumati. Gli organi vibravano rabbiosi, i muscoli si contorcevano su se stessi e le ossa schioccavano rumorose… dovevano colpire qualcuno o qualcosa. Il male che gli era stato fatto era tanto grande da non fargli versare una lacrima dagli occhi. Tutto quello in aveva creduto si era sgretolato nelle sue mani come la sabbia. Aveva perso tutto in una sera. Si. In un arco di poche ore aveva perso l’onore, la gioia, la felicità trovandosi di fronte la dura realtà. La solitudine. Una sera che non potrà mai dimenticare, perché è quella in cui egli iniziò a capire che la sua vita non sarebbe mai stata colma di sorrisi e cose piacevoli. Rimembrava su quello che era successo, pensava al perché di quella scenata, di quelle risposte e decisioni prese, magari, senza riflettere. Delle altre cose se ne sbatteva altamente, ormai aveva in presso nella mente solo quella cieca figura. Si era rotto le nocche a lungo andare, e per cosa poi? Niente, tutto era stato un effimera illusione. Partecipare appieno ad una cosa che già all’inizio gli era sembrata difficile da sopportare, ecco cosa significa tenere a qualcosa più che alla stessa vita. Era stato stupido a prenderne parte allora, e la stupidità si paga a caro prezzo in quel duro mondo chiamato vita. Aveva bisogno di sfogarsi, quello che stava facendo non gli bastava più e a costo di farsi male doveva pensare ad un modo per rilassare mente e corpo, una cosa che facesse proprio al caso suo. Ma niente aveva un senso in quel momento. Continuava a camminare. La testa bassa era soggiogata dall’umiliazione subita. Preferire un qualcosa di diverso l’aveva fatto cadere in un baratro oscuro, dal quale, ora come ora, era difficile vedere la luce, figuriamoci risalire. La solita rutine l’aveva stufato, vagava come un anima in pena, il territorio attorno a lui faceva solo da cornice, Avrebbe voluto sfogarsi, piangere sembrava l’unica cosa possibile da fare..ma perché allora non riusciva a farlo? Forse non era più capace. La mano sinistra guariva a poco a poco, e già voleva cozzare contro una mandibola, oppure quella parte flaccida chiamata stomaco. Aveva perso speranza e fiducia in quegli attimi di verità. Bastavano poche righe per mandarlo in ecstasy e ne bastavano ancora meno per poterlo affondare. Certe volte aveva pensato alla folle idea di togliersi la vita, ma in quei trascorsi c’erano stati compagni fidati a tirarlo fuori da quella voragine. Solo che adesso non c’erano più alle sue spalle pronti a sorreggerlo. Alla fine era riuscito ad allontanarli con il suo modo di fare da cazzone e da arrogante qual’era. C’era voluto parecchio tempo perché egli riuscisse a capire i suoi errori. Proprio in quegli attimi, dove l’agonia ti circonda inizi a pensare a quello che hai fatto o detto, e là si che ti inizia a rodere il culo per gli sbagli commessi. Cercò in tutti i modi di dare la colpa a qualcuno per gli errori commessi in passato, ma niente, nemmeno i suoi parenti riusciva ad incolpare in quel preciso momento. Si sentiva debole, privo di difese, anche un bambino l’avrebbe potuto insultare prima di finire all’ospedale colmo di ferite. Quella luce così brillante e solare si era affusolata di netto, senza dargli il tempo di prepararsi. Sapete è proprio come quando si riceve un diretto in pieno viso. Non te lo aspetti, perché sai che non c’è nessuno così codardo da farlo senza darti l’occasione di difenderti. Però in quegli attimi senti il sangue schizzarti fuori dalla bocca, la guancia gonfiarsi a dismisura sotto l’occhio e l’unica cosa a cui pensi è: ”Adesso mi giro e lo ammazzo” Ed ecco che quel sentimento l’aveva colto in fallo, si era fermato, stoppato come succedeva alle figure rappresentate nei quadri. Non vedeva una via d’uscita, tutto era bianco o nero, gli amici potevano essere nemici per quello che valeva. Dopo tanto tempo si era aperto ed era subito stato pugnalato dove là fa più male: Al cuore. Ad egli che l’aveva donato preoccupandosi poco, perché si sapeva che in lui la fiducia c’era per tutti, ma in quel momento, come ogni storia triste si venga a conoscenza di questi tempi nefasti, proprio quando lui aveva iniziato ad aprirsi, questi l’aveva stretto con entrambe le mani. Non si era preoccupata di niente, tanto il dolore era suo e quasi la vide ridergli in faccia, per poi scusarsi poco tempo dopo, la sua mediocrità l’aveva reso celebre dopotutto e a causa di questo e della sua fiducia illimitata, il ragazzo l’aveva presa in quel posto senza complimenti. La vita ancora una volta non gli aveva presentato un buon partito per poter continuare ad avere una ragione di vita. Per questo non poteva fare altro che camminare. Fare buon viso a cattivo gioco ed andava avanti, anche se non poteva continuare a credere ad dei vecchi credi popolari sull’ottimismo e sulla felicità. Evidentemente quelli che a loro tempo lo dissero non sapevano cosa fosse l’odio, il dolore di perdere un qualcosa o qualcuno. Erano solo dei pusillanimi che banchettavano alle spalle della povera gente. Stessa cosa, infatti gli era capitata a lui. La persona che aveva più vicina in quel momento, che conosceva tutto di lui, dalle parole ai movimenti aveva tradito la sua stima, gettandolo in un fossato. Più il tempo passava e più non riusciva a trovare una risposta alla domanda della vita. Lui che non aveva temuto nemmeno di andarsene ora pensava a cosa fare. Si sapeva che faceva male crescere, ma allora perché anche una volta cresciuti e diventati adulti, quelle cose continuano a farti del male tanto da domandarti se non sei cresciuto abbastanza per poterle superare con un falso sorriso sulla faccia? Se solo questo era il suo dolore psichico, figuriamoci il dolore fisico cosa doveva essere. Ogni centimetro del suo corpo che sia sopra o sotto l’epidermide stava urlando di dolore. Vecchie ferite stavano tornando a spandere come un coperchio messo male su una bottiglia. Stava aspettando una chiamata, un segnale per poter finalmente procedere oltre a quell’intoppo troppo grande da poter scalare in una sola giornata. Aveva solo un desiderio, ma era impossibile e per quanto egli facesse in modo di vederlo realizzato si sentiva solo. Forse era verso che sotto di lui la strada insanguinata non sarebbe mai più scomparsa. Come un fardello doveva essere pronto a portarsela fino nella tomba. Urlava feroce, la bestia dentro di se sapeva cosa doveva fare e che la mente non aveva ancora collegato il tutto facendolo sembrare un pazzo con manie di persecuzione al quale piaceva infliggersi lesioni fino al lento scorrere del sangue. Il ragazzo dai capelli lunghi e neri non sapeva più cosa fare, voleva mollare tutto e farla finita ma il volere del suo compagno doveva essere rispettato. L’avrebbe aiutato ad superare quella missione per poterlo farlo procedere alla seconda fare. Lui si sarebbe probabilmente fermato dopo quelle dure prove postegli dagli esaminatori. Perché dopo tanto tempo la domanda a cui doveva dare finalmente una risposta era: Ma ne valeva davvero la pena? Sbiancando a poco a poco la vista sembrava essere meno sfocata. Ci mise un po’, doveva ammetterlo, per capire cosa era successo ma alla fine, vedendo la situazione in cui si era andato ad insabbiare, capii. La strategia era andata a buon fine. Il suo compagno era stato bravo ed veloce nel prendere l’ultima pallina della serie. Adesso dovevano solo tornarsene allo scoglio per poter scegliere il loro futuro. Subito staccò l’ombra della sua innata da quella del suo compagno, annullandone ogni effetto. Fece passi tranquilli verso di lui prendendo l’ultima sfera da collezione a cui avevano dato tanto la caccia. Sotto di lui stavano pezzi di rami sparsi qua e là, la sua tunica era praticamente lacerata e sotto si potevano intravedere le braccia del ragazzo tutte arrossate a causa dell’attacco nemico. Sebbene bruciassero in una maniere spaventosa, il foglio era contento di vedere che non sembravano gravi, infatti non una schizza di sangue si era riversata sul terreno attorno a lui, almeno quello si poteva pensare, visto che era uno che si faceva colpire spesso inondando ogni cosa con il suo DNA. Adesso dovevano solo tornare al punto di partenza. Non avevano più altro da fare in quell’isola dimenticata da dio. Tra la selvaggina e il fogliame ritrovò la sua katana conficcata ed inerme. Un movimento lineare ed assieme al terreno sottostante vene via qualche centimetro di lama pregiata. Prendendo l’estremità a punta la fece scorrere sotto il mantello. Un uniforme movenza ed ogni pezzo di fango e terriccio si andò a levare, facendola tornare, sebbene leggermene opaca, quella dei bei tempi. Spostando il mantello un po’ all’indietro la rinfoderò con un piccolo clic. I suoi occhi si alzarono verso l’orizzonte, dentro ci si poteva quasi specchiare. L’emozione del combattimento contro la natura secolare era finito e dentro di lui non c’era più emozione, tenacia o foga nel produrre qualcosa di più interessante per impressionare gli esaminatori dell’esame chunin. Aveva capito alla fine che, lui, per passare alla fase successiva sarebbe bastato fare il minimo indispensabile. Era forte ed consapevole di esserlo, questo pensiero gli bastava. In quella giornata così ardua ne aveva passate di tutti i colori. Aveva camminato sulla fredda roccia, aveva visto il fuoco e il ghiaccio coesistere per pochi secondi sebbene fossero nemici giurati ed alla fine aveva visto il volto spaventato della natura stampargli in faccia rami e foglie. Sorrise e chiuse gli occhi simultaneamente, dopotutto era stato divertente fare quelle cose penose, doveva comunque trovare un modo per tenersi in forma e se quello non era la maniera migliore per farlo, al mondo non ci sarebbe stato altro che poteva farlo. Flemme flemme raggiunse la piccola baia dove erano sbarcati pocanzi. Il pelo dell’acqua era immutato, il cielo stava sempre sopra di lui, ancora una volta. Per la terza volta nell’arco di pochi minuti concentrò la propria energia spirituale nella pianta dei piedi. Sembrava una rutine che non ci fece tanto caso ed proseguii veloce sulla superficie di H2o senza fermarsi. Sebbene fosse contento di concludere là il suo esame chunin era anche triste di certi avvenimenti non accaduti. I nemici che voleva affrontare, il sangue che doveva versare e gli occhi che doveva rubare tutto stava scomparendo come un leggera nebbia. Soffice e bianca lo avvolgeva tutto che quasi si sentiva sospeso su uno strato di nuvole. Si era lasciato alle spalle da un bel pezzo la prima isola che ben presto arrivò a toccare quasi la roccia della seconda. Sapeva benissimo che il tempo a loro disposizione stava per scadere ma non sapeva bene il perché la sua voglia di accelerare non iniziava a mutare radicalmente. Ormai sembrava una scampagnata e non più una missione importate della selezione dei chunin. Tra un plic e l’altro, l’acqua spostata dallo shinobi sembrava essere calma, eppure c’era il solito presentimento a far drizzare la coda al Nara. Scherzava sul fatto di aver concluso la prova ma c’era un qualcosa che gli faceva rimpiangere il suo insolito ottimismo. Ormai raggiunta la terza ed ultima isola prima dello scoglio mistico, sopra di loro era scesa una delicata nebbiolina bianca che, ad ogni passo, si innalzava sempre di più quasi a diventare una completa distesa di bianco. Mettendosi in guardia il giovane del Konohagakure no Sato tirò fuori la katana che poco tempo prima aveva pulito e rinfoderato. Acutizzati tutti i sensi cominciò ad addentrarsi nella coltre di nebbia a piccoli e vicini passi. Non aveva tempo per le chiacchiere, se il suo compare voleva restare lì a morire o ad essere espulso dall’esame cavoli suoi, lui stava per andare avanti sebbene il gorgoglio sottostante lo metteva in apprensione. Non Aveva fatto nemmeno un passo che qualcosa lo indusse a fermarsi nuovamente. Un rumore simile ai tic tac di un orologio si stava avvicinando. Anche se avvolto dalla nebbia non ci volle molto per capire chi fosse l’oscura presenza. Ancora una volta, la seconda in quella giornata, la parte schizzata del suo cervello gli stava mostrando se stesso. L’atmosfera sembrava essere mutata come il lento sorgere del sole, quando, la mattina presto, illuminava tutto d’immenso.



~ L’acqua è veramente fredda, attento.

≈ Cosa diav..?




† N
on era riuscito a capire cosa intendesse dire che un rumore sinistro si era fatto largo dietro di lui facendolo scomparire in un vortice di schiuma. La katana tremava alla loro vista. Fauci grandi come delle mani umane si ergevano dalle loro bocche. Occhi vitrei non davano segno di vita. Pelle liscia si lasciava consumare dall’acqua. Squali. Ben cinque pesci, i re dell’oceano si stavano elevando sopra di lui. Non poteva fare niente, nemmeno avvisare il compagno dietro di lui di quel imminente pericolo che subito si sentì sprofondare leggermente nell’acqua ghiacciata del mare. Mise la katana in posizione verticale mentre il peso del pesce lo stava trascinando sott’acqua. In poco tempo si sentii mancare il respiro dai polmoni. A stento riusciva a tenere aperti gli occhi. Il pescecane stava cercando di liberarsi dalla spada incastrata fra le sue fauci. Niente da fare. Andarono su e giù nell’acqua del mare. Il tempo passava e Kisuke stava aspettando l’occasione giusta per riemergere. Fece vari tentativi, e solo all’ultimo, quando la presa stava diventando più debole riuscì a tornare a galla., sempre con lo squalo dalla mandibola attaccata. Appena sentii i polmoni riempirsi d’aria si staccò a fatica dalla belva. Tra dolore e stanchezza riequilibrò il chakra giusto per stare a galla senza cadere nel profondo blu.


‡ Tu. Prenditi quei due, io penso agli altri tre.


† Aveva urlato senza esitare. Adesso, in qualche modo, dovevano contrattaccare senza sbagliare. Da lontano si potevano vedere le pinne delle bestie farsi sempre più grandi. Vicino, ancora più vino. Sentiva il loro fiato provenire da sotto il manto di H2O. La loro sete di sangue era davvero nauseabonda. Si mise retto in piedi, la morte si stava avvicinando e non ne sentiva la paura. Quello era lui e lo sarebbe stato fino alla fine, anche nel momento più buio della sua carriera di shinobi foglioso. In quella disperata situazione non fece altro che sorridere beffardo agli squali famelici. Se fosse morto e se si fosse rincarnato in qualche animale, quello poteva essere il primo della lista. Davvero un peccato per quelle povere bestiole. La loro sete di sangue era veramente invidiabile, però non era niente in confronto alla sua. Il giudizio universale fatto bambino e poi uomo. Una persona che poteva giocare con la vita di tutti senza pentirsi delle proprie azioni. Uno shinobi che aspirava a qualcosa di più grande, un mondo privo di guerre dove lui avrebbe torreggiato come un Dio spegnendo tutti i suoi focolari. Girò la testa leggermente verso sinistra, l’occhio barbino si posò sulla tasca posteriore del kit porta armi. Non c’era una strategia nella sua testa basata sull’attesa ma ben sì un attacco frontale. Spericolato dite? Si, lo si poteva ben dire che quell’azione era il jolly, l’ultima carta del mazzo che poteva essere utilizzata in occasioni estreme. O forse non era così. Bluff oppure no, chi poteva saperlo? Solo lui. Nel suoi occhi brillava una stella rossa come il sangue, la sua parte peggiore stava per venire fuori. Con una lentezza quasi imperscrutabile, dalla tasca di dietro tirò fuori due kunai. La mano destra li tenne per poco più di qualche secondo. Poi uno scatto orizzontale da destra verso sinistra. Le lame partirono verso le bestie più esterne. A pelo d’acqua i pugnali quasi lasciavano una scia dietro di loro. Una mossa strana per uno che non aveva l’occhio. Ma chi lo possedeva poteva vedere chiaramente cosa e come l’azione del Nara si era svolta. Attaccato al manico, impresso quasi a fuoco, una carta bomba per parte, si sarebbe attivata appena sarebbe arrivata a meno di trenta centimetri dalle pinne. L’esplosione sicuramente l’avrebbe investito ma non se ne preoccupava al monto. Infatti, dopo averle lanciate, il ragazzo del Konohagakure si era lanciato in un attacco suicida verso l’ultimo squalo che doveva essere rimasto. La testa del gruppo non si era fatto scrupoli vedendo l’esplosioni dietro la sua pinna. Davanti a lui poteva vedere chiaramente il codino della foglia farsi strada fra le bolle e la nebbia. Un salto dopo l’atro si trovarono quasi faccia a faccia. Da una parte la bestia spuntò fuori pronto a divorarlo dall’altra parte il ragazzo aveva già allungato la katana in un linea perfettamente orizzontale. Ancora una volta la sua azione sembrava una bazzecola ma in quel frangente non c’era bisogno di sprecare chakra inutilmente. Non temeva quello che poteva succedergli da un momento all’altro. Sentiva che l’avanzata era inesorabile, leggermente lenta, si, ma comunque inesorabile. Qualcosa macchiò l’acqua. Una cosa scura gocciolava in quello stesso istante. La sua mano era ancora stretta attorno all’elsa e non dava segno di volersi muovere. Ogni rumore era insulso di fronte alle sue orecchie. Il compagno? Se era morto non era un affare che gli riguardava. Debole com’era di certo non avrebbe meritato la promozione alla fase successiva. Non ebbe pensieri, sapeva bene cosa stava per succedere. “Peccato che era ancora presto per credere”.


‡ Veni.. Vidi.. Vici








S t a t u s

Generalità ~
Nome: Kisuke Nara
Villaggio: Konohagakure
Grado: Genin
Energia: Rossa

Chakra: 250/300
Condizione Mentale: Non pervenuta
Condizione Fisica:
Ferita Medie:
I° Sulla gamba sinistra
Ferita Leggere:
I° Sulle braccia e sulla schiena
Consumi:
† Chakra Adesivo [5]



Slot Azioni:
1/3:Lancio d'armi
2/3:
3/3:
Slot Tecniche:
1/2:
2/2:

Armi svelate:
Katana {2/2} -1 [In mano]
Shuriken {5/5}
Kunai {17/20} -2
Carta Bomba {4/7} -2

OT: Blah..
 
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xyz10
view post Posted on 29/11/2009, 16:52




¬ Legenda ¬ Narrato
Parlato
Pensato


¬ Got It ¬ Tutta la sua mente, in quel momento, era concentrata in un unico punto: il suo palmo destro. Racchiuso in quella gabbia carnale, dalla quale non avrebbe potuto uscire nemmeno se fosse tornato a volare, si trovava il cimelio azzurro, secondo ed ultimo obiettivo dei due shinobi. Si sentiva estremamente soddisfatto a stringerlo, segno che avevano compiuto un’ulteriore passo verso il grado superiore. Anzi, a pensarci bene, credeva proprio di essere ormai giunto all’ultimo gradino di quella tortuosa scala che rappresentava simbolicamente il primo test: giungere alla termine di essa significava aver completato la prova numero uno di quell’Esame.
Perso tra i suoi pensieri, non si era nemmeno accorto che il Nara gli si stava avvicinando, la solita espressione distaccata dipinta in faccia. Tese la mano verso il kirese, guardandolo dritto negli occhi. Le sue intenzioni erano chiare come il sole. Desiderava la piccola sfera cobalto che il ninja dell’Acqua ancora reggeva nella mano destra, manco fosse un trofeo di inestimabile valore da esibire al mondo intero. Non seppe chiarirne il motivo, forse non sarebbe mai venuto a galla, fatto sta che probabilmente commise il primo, grave errore di quella giornata. Quella richiesta era troppo assurda, nessuno avrebbe mai potuto essere tanto sbruffone da esibire alla giuria entrambe le palline in un sol colpo, quasi a volersene prendere tutto il merito. Nemmeno un konohano, i cui concittadini erano famosi ovunque per la loro spavalderia. No, neanche uno di loro avrebbe potuto pretendere tanto, aldilà del fatto che fosse il capo di quella squadra.
Gli rise in faccia, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa. Abbassò l’arto e fece scivolare la cosina azzurra nella tasca laterale, quella degli shuriken. Si allontanò dal compagno, superandolo in un momento nel quale sicuramente i suoi occhi corvini lo stavano squadrando. Ma lui non se ne curò più di tanto, giusto un’occhiata con la coda per assicurarsi che l’altro non commettesse qualche cazzata, proseguì deciso dalla parte opposta a lui, andando a recuperare l’arma che lo aveva liberato dalla prigione dei rovi pochi minuti prima. Maledetta Natura, un'altra volta gli si era opposta. Le parti lese da quelle radici maligne pulsavano quasi a voler scoppiare, ma Takeshi sapeva che era un dolore temporaneo. Presto sarebbe scomparso senza lasciare tracce. Nemmeno il ricordo di esso sarebbe pervenuto ai posteri. Casualmente, o forse fu piuttosto la linea di quei pensieri ad indurlo a fare ciò, il suo sguardo cadde sulla mano destra, precisamente sulle due dita finali. Lì si che la cicatrice era visibile, e credeva che sarebbe perdurata per molto ancora, forse per tutta la vita. Toccando la parte dove terminava l’osso carpale ed iniziavano le falangi si poteva ancora sentire il punto dove esse erano state prima mozzate, e poi ricucite grazie a qualche tecnica medica a lui ignota. Ricordava ciò che era accaduto non molto tempo prima, durante lo scontro con gli shinobi di Ame. Rimembrava quegli attimi in cui i Ronbun Shuriken nemici l’avevano dilaniato, scansando la copertura offerta dalla spada ossea dell’amico, tagliandolo in varie parti del corpo. Tra cui, appunto, il mignolo e l’anulare destro, recisi completamente dal resto dell’arto. Il flusso di sangue sgorgatogli lo aveva quasi fatto uscire di senno.

Nonostante la a dir poco folta vegetazione, comunque, fu facile ritrovare la sua arma: era nell’unico punto ancora ricoperto di ghiaccio. Al vedere ciò, tutti i ricordi riaffondarono nel baratro oscuro che era il loro carcere, in attesa della prossima volta che avrebbero potuto evadere. Aveva bloccato Madre Natura, impedendole di ostacolarlo ulteriormente. Ma era pur sempre una Dea, forse sarebbe stato meglio non accattivarsela. Gli aveva già provocato abbastanza grane per un bel po’. Non sarebbe trascorso molto affinché l’acqua tornasse allo stato liquido, cancellando il segno tangibile del suo passaggio. Ad ogni modo, incise in quel metro quadrato di erba, anche se non visibili, c’erano delle parole. “Qui Fujiwara Takeshi trionfò, compiendo il primo passo che lo avrebbe portato a divenire potente e famoso.” O almeno questa era la sua ottimistica interpretazione. Rinfoderato il pugnale, si voltò e vide che anche l’astuto foglioso era andato a prendere la sua katana. Anche laggiù ci sarebbe stato il suo personale segno indelebile, proprio come quello sopra citato. Il guaio era che, forse, la Volpe di Konoha non lo sapeva. Qualcosa che pure l’intelligente ninja del Fuoco ignorava.
Il Team 2 era ormai pronto per tornare a fare rapporto. Finalmente avevano raccattato tutti i pezzi, ora toccava loro solo di metterli a posto. Presero a camminare lentamente sulla distesa acquea, questa volta però diretti in senso opposto. Stavano per tornare vittoriosi da quella prima prova. Ogni genere di trappole era stato superato. Genjutsu, alberi stregati, rami e radici. Tutte avevano dovuto soccombere di fronte alla potenza della collaborazione dei due ragazzi. Qualche ferita qua e là - anche se quelle avevano dovuto procurarsele da soli - e alcuni bruciori anch’essi sparsi un po’ ovunque. Ma per il resto ne erano usciti indenni. Tutto sommato si aspettava cose di gran lunga peggiori ed insormontabili, ma forse non erano le prove in sé ad essere semplici: erano Takeshi e Kisuke ad essere troppo forti per loro.
Pur contando l’andatura lenta, i due non ci misero molto a superare il terzo ed il secondo atollo. Fu però al momento del passaggio per il primo che dovettero accorgersi che la partita non era ancora finita. Ancora altre insidie li attendevano al varco, nonostante avessero entrambe le sfere in tasca. Una nebbia degna degli standard del suo Paese natale comparve dal nulla. No, quella non poteva essere una normale bruma. Difatti, pur essendo molto frequente la loro formazione sul mare, a poche centinaia di metri dalla riva era impossibile che ci fosse foschia. La conclusione conseguente a cui il suo cervello arrivò fu che l’esaminatore che li stava testando fosse in grado di utilizzare la Kirigakure no Jutsu. La sua esperienza si fece immediatamente sentire. Non poteva cadere in questa banale trappola. Era ovvio ciò che sarebbe successo di lì a poco: distratti ed accecati dalla nebbia, i due sventurati si sarebbero fermati per non commettere passi falsi. In tal modo, l’utilizzatore era a conoscenza della posizione degli esaminandi, i quali sarebbero stati attaccati senza nemmeno sapere da dove provenissero i colpi. Era conscio di questa tattica, l’aveva utilizzata più e più volte.

Nara non stare assolutamente fermo! Conoscono già le nostre posizioni! Spostati di lì, o finirai male!


Ovviamente nemmeno Takeshi sarebbe rimasto immobile per nulla al mondo, dato che con quell’urlo era stato praticamente scoperto. Si mosse dunque di cinque metri in diagonale, indietreggiando, tentando di produrre il minimo rumore possibile. Se quegli shinobi - di cui non conosceva il numero esatto, purtroppo - fossero stati dei sensoriali, ogni tentativo di fuggire alla trappola sarebbe stato vano. Accadde però qualcos’altro che nessuno avrebbe potuto prevedere: strani gorgoglii provenivano dalle profondità marine, crescendo sempre più d’intensità. Qualcosa si stava avvicinando, ne era sicuro, e ad una velocità spaventosa. Attratto da questi sinistri rumori, il nebbioso abbassò lo sguardo sulla distesa blu sottostante i suoi piedi. Il mare cristallino per fortuna lo aiutò non poco, facendogli scorgere una serie di figure in movimento verso la superficie.

Fa' attenzione, sono sotto di noi!


Questa volta la Dea della Terra si era fregata con le sue stesse mani. Nemmeno la nebbia, per quanto fitta potesse essere, poteva abbassarsi al livello del mare: doveva starle poco più d’un metro sopra. Questo fatto, combinato all’assurda trasparenza del mare, favorì insolitamente i due genin. Persino le divinità a volte erravano, dunque.
Flesse le ginocchia e contemporaneamente appoggiò tutte le dieci falangi sul manto acqueo, in una posizione tipica delle rane. Grazie a questa strana posa, al momento dello stacco il suo corpo acquisì una spinta notevole, superiore alla norma, che gli permise di saltare qualche centimetro più in alto del dovuto. Potevano sembrare insignificanti, eppure avrebbe potuto giurare che se non l’avesse fatto, le creature semoventi gli avrebbero provocato un danno maggiore. Non fece nemmeno in tempo a raggiungere l’altezza massima, comunque, che una voragine nera dotata di affilatissimi spuntoni bianchi sbucò dall’oceano di Kawa no Kuni. Non ci mise molto a capire che quella cosa era un’abnorme bocca di un gigantesco pesce. Un brivido gli salì lungo la colonna vertebrale, facendogli gelare il sangue nelle vene. Squali. Un numero non ancora identificato di questi enormi animali li stava attaccando. Ma ciò che più lo premeva era difendersi da quel particolare mostro degli abissi che si accingeva ad azzannarlo. Per fortuna era dotato di un’invidiabile destrezza nel maneggiare la propria arma. [Maestria in un Arma - Base]

La sfoderò velocemente, tentando di difendersi dall’assalto del pescecane. Cercò di infonderle una traiettoria parabolica, così da conficcarla nella gola del pesce. Avesse avuto una katana, forgiata appositamente ricurva, tutta quest’azione sarebbe risultata più semplice. Riuscì comunque ad affondare la lama nella carne del mostro, ma non perfettamente come avrebbe desiderato. Il dolore che provocò all’animale, purtroppo, non fu tale da stroncarlo sul colpo. Difatti, le sue fauci si chiusero ugualmente sulla gamba sinistra del kirese. Gran parte della potenza l’aveva evitata, ma il dolore era comunque incredibile. Il dannato squalo agitava costantemente la testa, producendo degli strattoni che lo ferirono ancor di più. Sembrava stesse per amputargli l’arto.
In tutto questo tempo si era dimenticato di essere in volo. Entrambi gli esseri viventi sprofondarono nella tiepida acqua, ancora vincolati l’uno all’altro. Non era nemmeno riuscito a prendere aria, sapeva che non avrebbe potuto trattenere il respiro per molto. Doveva agire, e in fretta. Il Fujiwara tentò di isolare il dolore in una parte della sua mente, almeno per qualche secondo, ma il male era tale che non ci riusciva completamente. Fece appello a tutta la forza che aveva in corpo e, rafforzata la presa all’elsa della spada con entrambe le mani, girò violentemente la lama ancora impiantata nella carotide nemica. Dovette compiere ben tre brusche rotazioni affinché il maledetto pesce mollasse la presa. Immediatamente l’acqua si colorò di rosso: era impossibile capire a chi appartenesse il sangue, che sgorgava copiosamente sia dal trafitto esofago dello squalo, sia dalla gamba dilaniata dell’umano. Ma nessuno dei due aveva ancora intenzione di cedere. Non volevano darla vinta all’altro. L’agilità della creatura sarebbe stata notevolmente incrementata, ora che si trovava nel suo habitat naturale. Lo shinobi inoltre non poteva permettersi di sprecare altro tempo inutilmente. Estrasse l’ormai insanguinata wakizashi dalla carne dell’animale e, con un ultimo incredibile sforzo, gli trafisse il capo. L’acqua, più che cristallina, era diventata vermiglia. Un particolare che poteva risultare ancor più pericoloso: l’odore di quel liquido, tanto familiare ai pescecani, poteva essere sentito da questi da una grande distanza. Perciò, molto presto, avrebbero potuto giungerne altri, di quei mostri.
Sentì che aveva raggiunto il suo limite. Doveva uscire dall’acqua e tornare a respirare il sacro ossigeno. Concentrò, anche se ancora in preda al dolore allucinante, gran parte del suo chakra nelle mani. L’insolita proprietà dell’energia azzurrina si ripropose, rendendo solida la superficie, così da permettergli di sollevarsi nuovamente. Non appena la sua testa emerse, tirò una boccata tale da fargli temere che i polmoni non potessero contenerla. Riaffiorato completamente, si guardò intorno: la nebbia persisteva e lo isolava completamente dal compagno. Improvvisamente però, tra gli ansimi del ninja di Kiri, udì la voce di Kisuke, quasi fosse stato evocato da quel pensiero sopra citato. Dunque erano cinque le creature degli abissi. Due li avrebbe sistemati il nebbioso, mentre degli altri tre se ne sarebbe occupato lui. Giustamente, essendo il capo, al codino di Konoha sarebbe toccata la parte più impegnativa. Degli obiettivi di Takeshi, invece, ne restava uno soltanto, dato che uno l’aveva appena sgozzato. Finalmente una prova degna di questo nome, qualcosa che riuscisse a dar loro del filo da torcere. Dalla nube biancastra ancora sospesa sul terreno spuntò una pinna. Ansimò e imprecò contemporaneamente, non gli lasciavano nemmeno il tempo di riprendersi‘sti maledetti. Non sapeva nemmeno più come affrontare un altro di quei pescecani, ora che la sua gamba era ridotta in quelle condizioni.


Boom. Un esplosione assordante proveniente da metri di distanza dal kirese gli fece comprendere che il Team 2 non era ancora stato sconfitto. Come sempre, la Volpe della Foglia era arrivata ad elaborare una strategia molto più velocemente dell’altro. Carte bomba, ecco qual’era la soluzione. Agì in un attimo: entrambe le mani si fecero strada attraverso l’equipaggiamento ninja riposto nelle due sacche, estraendone un kunai ed una bomba, la quale venne immediatamente appiccicata al manico del pugnale. Lanciò l’arma poco più avanti, sulla traiettoria dello squalo. Ma era ormai troppo vicino all’umano. Balzò all’indietro, nonostante la ferita, e compose l’unico sigillo necessario. Un’altra volta nel giro di pochi secondi, scaturì un botto assordante. L’aria e l’acqua vennero violentemente smosse da questo, tanto che il Fujiwara mantenne a stento l’equilibrio; atterrò comunque dolcemente sul liquido azzurrino sottostante. Anche il secondo animale era stato eliminato. Ora dovevano andarsene prima che ne arrivassero altri. Pur zoppicando, si mosse in fretta alla ricerca del suo compare: lo trovò poco più avanti, anche lui sfinito dall’improvviso attacco indesiderato. Takeshi fece cenno al Nara di muoversi, non avevano tempo da perdere. Corsero in mezzo alla foschia per minuti interminabili, sempre con le orecchie tese e l’ansia attanagliante, finché giunsero allo scoglio dal quale erano partite le ricerche. Da allora avevano affrontato insidie su insidie, ma alla fine erano tornati. Sembrava passata un eternità, invece l’orologio doveva aver compiuto solo mezzo giro, altrimenti sarebbero stati squalificati. Chissà se il tempo da loro impiegato era effettivamente mezz’ora.

Prese la sfera color del mare che riponeva accuratamente in tasca e la incastonò al proprio posto, ovvero nel buco che rappresentava la prima isola. Non appena anche l’altro membro della Squadra Due fece la stessa cosa, avvertì una strana energia: era la stessa che si sentiva toccando la superficie sassosa, ma di molto amplificata. La nebbia s’infittì talmente tanto che perse di vista sia il Nara, sia il masso stesso. Incredibile, non poteva vedere a dieci centimetri di distanza dal proprio naso. Sì udì una specie di “clang” quasi metallico. Meno di un secondo più tardi, la vista era stat liberata da quell’impedimento. La mano che il genin più giovane aveva lasciato appena adiacente allo scoglio ora stringeva un rotolo chiuso. La Pergamena Azzurra.

¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬Grado: Genin
Energia: Gialla
Chakra: 75/100
Condizione Mentale: Realizzato
Condizione Fisica: [Dipende dal Giudice]
- Una Ferita Media sull'avambraccio destro;
- Ferite Leggere sul braccio sinistro e sul polpaccio destro;

Consumi: 5 [Chakra Adesivo]
Recuperi: //
Tecniche Utilizzate: //

¬ Equipaggiamento Svelato ¬ Aikuchi x 1 [Riposto]
Bomba Gelo x 1 [Utilizzata]
Kunai x 1 [Recuperato, poi Utilizzato]
Wakizashi x 1 [Rinfoderata]

¬ Note Post ¬ E anche questo post è andato. Ci sono un paio di cose da precisare, comunque:
1) Ho narrato una parte che tecnicamente il mio pg ha già vissuto (essnedosi svolta tempo prima), ma che non ho ancora postato realmente.
2) Il nome "Volpe della Foglia" è un riferimento all'astuzia di Kisuke, appunto. Non di certo perchè il nick è Kyubi. :asd:
 
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11 replies since 29/10/2009, 18:54   295 views
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